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puntata numero 214

Mafia dei Nebrodi, Antoci: “Sentenza storica ma basta antimafia del giorno dopo” CLICCA PER IL VDEO

domenica 13 Novembre 2022

E’ Giuseppe Antoci, ex Presidente del Parco dei Nebrodi e Presidente onorario della Fondazione Caponnetto, l’ospite di questa puntata di Bar Sicilia. Intervistato dal Direttore responsabile Marianna Grillo e dall’Editore Maurizio Scaglione, il padre del “Protocollo di legalità”, ha parlato a pochi giorni dalla sentenza del maxi processo che ha inflitto un duro colpo alla “mafia dei Nebrodi”.

IL MAXIPROCESSO E LA SENTENZA STORICA DEI GIUDICI DEL TRIBUNALE DI PATTI (ME)

91 condanne per oltre 600 anni di carcere, 10 assoluzioni e al sequestro di beni per circa 4 milioni di euro nel processo “Nebrodi” contro i clan dei pascoli. Una sentenza pesante frutto anche del famoso “Protocollo Antoci”.

“E’ un passaggio importante – dice Antoci –  che crea anche sofferenza. Quando si vedono tutte queste condanne a tanti anni di carcere, un po’ rifletti se la società ha vinto o ha perso. In fondo, a mio avviso, è una sconfitta perché a me piace l‘antimafia del giorno prima. Certamente, è un segnale importante per i cittadini e per un territorio che è stato liberato e che è fatto per la stragrande maggioranza da brava gente. Vince un pezzo di Paese che, con normalità, ha fatto il proprio dovere. “

 

SI CHIUDE UN CERCHIO, SE NE RIAPRE UN ALTRO. QUALE CAMBIAMENTO CULTURALE?

Per Antoci, nonostante si siano fatti tantissimi passi avanti, l’attività di prevenzione e contrasto alla criminalità, non è terminata. Gli interessi attorno a questi affari sono tanti. “Lo considerano un pozzo senza fondo pieno di miliardi di euro, dice Antoci che ricorda come questo giro di interessi criminali non valga solo per la Sicilia, per la Calabria ma, anche per altri parti d’Italia e del mondo. Anche per questo, il protocollo Antoci, inserito nel nuovo Codice Antimafia, è considerato tra i principali strumenti di lotta alla criminalità. “La Commissione Europea a proposito delle infiltrazioni mafiose, invitando gli Stati membri a seguire l’esempio del protocollo Antoci, cita due esempi: i casi della Corsica e della Slovacchia. Vorrei anche ricordare l’uccisione del giornalista slovacco Ján Kuciak giustiziato insieme alla fidanzata. Un giorno, venni intervistato da una giornalista che, piangendo mi disse che Ján, sopra la tastiera del suo computer, aveva un bigliettino con scritto “Protocollo Antoci“. Quella parte culturale ha bisogno di credibilità, ha bisogno di risultati. Stiamo raccontando una vittoria dello Stato contro la mafia perché è importante dire alle persone che ci ascoltano, che loro si possono combattere, si possono sconfiggere però, per fare questo, ognuno di noi si deve ritagliare un pezzettino di responsabilità“, dice Antoci.

TUTTI CONTENTI DI QUESTA SENTENZA?

“Credo che non a tutti sia piaciuta. Penso che, insieme a paure e connivenze, uno dei protagonisti di questa vicenda è il silenzio. La paura è un sentimento che rispetto perché è un sentimento che conosco, che mi accompagna e con il quale faccio i conti, tentando di trasformarlo in forza  e coraggio. Sulle connivenze c’è tanto altro da vedere e da scoprire.”

TANTI SILENZI MA ANCHE TROPPE CHIACCHIERE

“L’antimafia più importante – sottolinea Antoci – è quella sociale. Rifarei tutto quello che ho fatto però, servono fatti e risultati, non chiacchiere e fiumi di parole che non ho tempo di ascoltare. Non finirò mai di ringraziare il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella per la vicinanza di questi anni e voglio sottolineare una parola che lui ha pronunciato ben 23 volte nel suo secondo discorso di insediamento. Si tratta della parola “dignità”. Ognuno fa i conti con la propria dignità. Ho una chiara idea di quello che significa morire. Puoi morire in un attentato di mafia, come stava accadendo a me e agli uomini della mia scorta, ci saranno le commemorazioni, il ricordo, ed è tutto giusto. Ma c’è anche un altro modo di morire, quello di alzarsi la mattina e non raccontare più alle tue figlie che la vita va vissuta con rettitudine e moralità. Quello specchio ti fa sentire sporco”, conclude l’ex Presidente del Parco dei Nebrodi.

IL MASCARIAMENTO

“Pensavo di rimanere fuori da questa vicenda ma, non è stato così. Ha colpito un po’ tutti, da Falcone a Impastato, passando per Pio La Torre a Mattarella. Ma nel caso di Antoci, assistiamo a un “mascariamento diverso”. In questo caso i colpevoli sono stati individuati e messi all’angolo, colpiti dalla magistratura anche con condanne per diffamazione. Non mi sento delegittimato, non ho mai approfittato di ciò che mi è successo. La forza della verità e della giustizia sono una carezza al cuore di chi non c’è più.

QUALE FUTURO?

“Per quanto riguarda il Protocollo legalità, ha ormai un carattere europeo. Sta raccogliendo grandi frutti in Italia ed è in grado di camminare con i suoi  piedi. So che più si va avanti e meno simpatie da parte di certi “signori” ci saranno nei miei confronti. Il futuro di Antoci è nelle scuole, nelle università per dare una testimonianza di cittadinanza. In Italia – prosegue Antoci – abbiamo la migliore normativa antimafia ma, il miglior testo antimafia è la Costituzione. Sono stati 8 anni di abbracci e di dolore e sacrifici ma, nonostante tutto, mi sento più libero di prima. Dopo l’attentato ho la casa presidiata, le misure di protezione hanno un grande impatto sulla mia vita, su quella della mia famiglia, c’è sempre molta preoccupazione ma, sono libero di raccontare la vittoria dello Stato contro la mafia. Resta ancora molto da fare rispetto all’antimafia che, ancora oggi, nn è abbastanza praticata ma ancora troppo predicata.”

GOVERNO MELONI E IL TEMA GIUSTIZIA

“Non si può pensare di toccare l’ergastolo ostativo. Chi chiede benefici allo Stato deve dimostrare pentimento ma con i fatti, collaborando. Le mafie – Cosa Nostra in particolare – sono connotate dal vincolo associativo e da questo vincolo storicamente  si può uscire in due modi: o da collaboratori o da morti. Chi chiede benefici deve dimostrare di meritarli, aiutando le indagini, rendendo piene confessioni, discostandosi pienamente dalla criminalità. Sulla lotta alla mafia non sono un giustizialista, non sono un manettaro. Mi auguro però che, su questo fronte, non ci siano passi indietro che manchino di rispetto ai  morti.”

PNRR E RISCHIO INFILTRAZIONI

“Serve contemperare la ripartenza economica con la necessaria sicurezza. Se si verificheranno infiltrazioni mafiose nei fondi del Pnrr, serviranno almeno 50 anni per riparare questo danno. Occorre alzare le asticelle e avere un approccio lungimirante. E’ un’ opportunità storica per il Paese e non possiamo sbagliare“, dice Antoci.

CONCLUSIONI

“Vivo una condizione particolare. Il fatto che il mio arrivo crei scompiglio, mi mette imbarazzo. Tuttavia, cosa sarei stato se mi fossi infilato in quel cono di silenzio, come mi sarei guardato davanti a quello specchio? La mattina mi sveglio e so di fare il mio dovere. Non ho fatto il buon amministratore, il buon cittadino. Ho voluto fare soprattutto il buon padre, avere la possibilità di guardare negli occhi le mie figlie e spero di farlo sempre.”

 

IL MESSAGGIO DELLA PUNTATA 214 DI BAR SICILIA:

“Il sabato sera mettete le cinture, non bevete. Giovani e meno giovani, divertitevi sempre ma, con prudenza e intelligenza.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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