Settantasei anni di carcere sono stati chiesti dal pm della Dda di Palermo Gianluca De Leo per i sei imputati, quasi tutti di Castelvetrano (Tp), al processo, in corso davanti al Tribunale di Marsala, scaturito dall’operazione antimafia Ermes 3 del 20 giugno 2020 (due persone arrestate e 13 denunciate), che diede un altro colpo a presunti sodali e favoreggiatori dell’allora boss latitante Matteo Messina Denaro.
La pena più severa, 18 anni di reclusione, è stata chiesta per Giovanni Onofrio Beltrallo, 57 anni, 17 anni per Leonarda Furnari di 40 anni, e 16 anni per Melchiorre Vivona, di 67 anni. Queste le altre richieste del pm: 12 anni di carcere e 8 mila euro di multa per Antonino Stella, 77 anni di Marsala, 10 anni e 7.500 euro di multa per il 62enne capomafia castelvetranese Vincenzo La Cascia e 3 anni per il 54enne Domenico Salvatore Zerilli.
I reati vario titolo contestati dalla Dda sono associazione mafiosa, estorsione, detenzione di armi e favoreggiamento della latitanza di Messina Denaro, che inizialmente era uno degli imputati del processo.
Nel corso del blitz operato, quattro anni fa, dalla squadra mobile di Trapani venne perquisita, a Castelvetrano, la casa della madre dell’ex latitante. Gli altri indagati avevano scelto il rito abbreviato e per il loro processo c’è stata la pronuncia della Cassazione un mese fa. La seconda sezione della Suprema Corte, accogliendo le richieste della difesa, ha annullato quattro delle sei condanne inflitte, il 5 aprile 2023, dalla quarta sezione della Corte d’appello di Palermo. Due delle quattro condanne sono state annullate con rinvio a diversa sezione della Corte d’appello di Palermo per la rideterminazione della pena.
La difesa ha, infatti, sostenuto che l’appartenenza a Cosa Nostra di Marco Manzo, 59 anni di Campobello di Mazara (Tp), condannato a 9 anni di carcere, e di Giuseppe Calcagno, di 49 anno nato a Marsala ma residente a Campobello di Mazara, condannato a 6 anni e 8 mesi, risale agli anni precedenti al 2015, quando, in giugno, entrò in vigore la legge che inaspriva le pene per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso.
I difensori avevano sostenuto la stessa tesi, senza successo, sia in primo che in secondo grado. Manzo e Calcagno furono i soli ad essere arrestati nell’operazione Ermes 3.