Avrebbero dovuto scontare la pena in regime di carcere duro, il 41 bis, in realtà i boss dell’agrigentino riuscivano a comunicare fra loro e con l’esterno grazie alla complicità di agenti della polizia penitenziaria.
Il caso più eclatante riguarda il carcere di Agrigento, dove l’avvocato Angela Porcello è stata una delle 23 persone fermate dai carabinieri del Ros. Second gli inquirenti la donna avrebbe assunto un ruolo di vertice in Cosa nostra organizzando i summit, svolgendo il ruolo di consigliera, suggeritrice e ispiratrice di molte attività dei clan.
Porcello era riuscita a portare in carcere, grazie all’aiuto di una guardia penitenziaria, un telefono con cui ha sostenuto un colloquio telefonico con il suo assistito, il boss Giuseppe Falsone, detenuto nel penitenziario di Novara. Mentre parlava con un detenuto ad Agrigento era al telefono con il boss rinchiuso in Piemonte.
In un’altra occasione, un altro agente di polizia penitenziaria dello stesso carcere, ha chiamato l’avvocato per avvertirla che un suo assistito: “L’indomani sarebbe stato trasferito in un’altra struttura“.
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