La Guardia di finanza ha sequestrato la casa di riposo “Aurora” in via Emerico Amari, a Palermo, definita come un vero e proprio “lager”, arrestando sei donne accusate a vario titolo di maltrattamenti ai danni di anziani, bancarotta, riciclaggio e autoriciclaggio. Gli investigatori hanno documentato, attraverso telecamere nascoste, decine di episodi con violenze fisiche e psicologiche nei confronti degli ospiti della casa di riposo: spintoni, calci e schiaffi accompagnati da insulti e ingiurie. Maltrattamenti che avrebbero indotto alcuni anziani perfino ad atti di autolesionismo.
Gli anziani ospiti della casa di riposo ‘Aurora’, sottoposti a vessazioni e soprusi che hanno provocato sconcerto tra gli stessi inquirenti, saranno adesso sottoposti anche a controlli medici visto che all’interno della struttura non sono mai state adottate le procedure per il contenimento del coronavirus.
“Se tu ti muovi di qua ti rompo una gamba, cosi la smetti; devi stare zitta, muta; devi morire, buttare veleno…”. Era un vero e proprio regime di terrore quello instaurato nella casa di riposo “Aurora” dalla amministratrice Maria Cristina Catalano e da cinque sue dipendenti, tutte finite in carcere. Maltrattamenti e violenze inaudite nei confronti di anziani inermi picchiati con calci, schiaffi, colpi di scopa, perfino legati alle sedie per impedire loro di muoversi. Un campionario di crudeltà documentato in due mesi dalle immagini delle telecamere piazzate di nascosto dai militari della Guardia di Finanza nell’ospizio lager.
Oltre alle violenze fisiche i degenti venivano anche insultati e sottoposti a continue mortificazioni psicologiche:”Sei una schifosa, devi dire che fai schifo” viene detto a una anziana che si lamenta. Insulti accompagnati dalle immancabili percosse fino a costringere la poveretta a ripetere “basta, faccio schifo..” e a schiaffeggiarsi da sola pur di fare cessare quella persecuzione insopportabile.
Emblematiche anche le parole dell’amministratrice della casa di riposo in occasione del soccorso prestato inizialmente ad una degente, poi deceduta: “Ti dico che io in altri periodi avrei aspettato che moriva perché già boccheggiava…lo ripeto fosse stato un altro periodo non avrei fatto niente, l’avrei messa a letto e avrei aspettato. Perché era morta”. Non è un caso dunque che il gip, nell’ordinanza segnali “l’urgenza di interrompere un orrore quotidiano” evidenziando come “l’indole criminale e spietata degli indagati impone l’adozione della custodia cautelare in carcere ritenuta l’unica proporzionata alla gravità e alla immoralità della condotta e l’unica a contenere la disumanità degli impulsi”
Le indagini dei militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria sono state coordinate dalla procura. Contestualmente all’emissione dei provvedimenti di custodia cautelare in carcere, il gip ha disposto il sequestro preventivo della società che gestisce la casa di riposo, al centro di un complesso giro di fallimenti pilotati per un passivo di circa un milione di euro. Da qui l’accusa di bancarotta fraudolenta,riciclaggio e autoriciclaggio.
Le sei donne arrestate sono Maria Cristina Catalano, 57 anni, amministratrice di fatto dalla casa di riposo, Vincenza Bruno, 35 anni che coadiuvava l’amministratrice, e le dipendenti Anna Monti di 53 anni, Valeria La Barbera di 28, Rosaria Florio di 42 e Antonina Di Liberto di 55. Quest’ultima è stata anche denunciata per truffa insieme al compagno, che percepisce il reddito di cittadinanza con false dichiarazioni.
Per quanto riguarda i reati fallimentari, è stata dimostratala continuità aziendale di tre società che, a partire dal 1992, avrebbero gestito ininterrottamente la casa di riposo. Secondo quanto hanno accertato gli investigatori, Catalano, indicata come la mente del disegno criminale, poteva contare su alcune ‘teste di legno’ che sarebbero stati formali amministratori e su soggetti compiacenti, tra cui un impiegato comunale, tutti indagati. La gestione della struttura è stata affidata a un amministratore giudiziario.
Gli investigatori stanno svolgendo ulteriori accertamenti sulla morte di un’anziana morta il 15 marzo scorso;
un’altra degente avrebbe perfino tentato il suicidio lanciandosi dal balcone pur di sfuggire alle sevizie dei suoi aguzzini.
“È emerso uno spaccato deprimente da un punto di vista umano prima ancora che giudiziario”, commenta il comandante del Nucleo di polizia economico giudiziaria di Palermo Gianluca Angelini. “Non è stato facile nemmeno per noi in queste settimane di indagine visionare e documentare il campionario ignobile di nefandezze e crudeltà gratuite compiute a danno degli anziani, soprattutto in questa fase emergenziale che richiederebbe una tutela ancora più elevata nei confronti delle fasce dipopolazione più deboli e maggiormente esposte a rischio”.