I carabinieri del Comando di Provinciale di Messina hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip su richiesta della Procura, guidata da Maurizio De Lucia, a carico di cinque persone accusate di associazione a delinquere finalizzata alla frode informatica, accesso abusivo a sistema informatico o telematico e sostituzione di persona. Contestualmente alla misura cautelare personale sono stati sequestrati agli indagati trentuno tra conti correnti e depositi bancari per oltre un milione e 200 mila euro.
Era Giuseppe Cesare Tricarico, calabrese, la mente della banda di cyber criminali. Tra gli indagati anche il fratello Davide. Entrambi operavano nonostante fossero agli arresti domiciliari per un’inchiesta analoga della procura di Reggio Calabria. Gli altri arrestati sono Nicola Ameduri e Nicodemo Porporino, anche loro calabresi.
Della banda faceva parte anche Antonello Cancelli, residente nella provincia dell’Aquila. Gli indagati ponevano massima attenzione nel non utilizzare mai i propri nomi per compiere attività riconducibile ai reati commessi, controllavano con maniacale attenzione le proprie autovetture temendo che vi fossero delle cimici, avendo cura di non utilizzare mai schede telefoniche a loro riconducibili.
L’inchiesta era stata avviata nel febbraio 2018 dal nucleo investigativo del Comando Provinciale dei carabinieri in collaborazione col Ros che ha individuato nella fascia ionica reggina la base dell’organizzazione, attiva sull’intero territorio nazionale, e specializzata nel rubare online ingenti somme di denaro da diverse centinaia di conti correnti bancari.
Gli indagati erano in grado di modificare, sui principali siti web istituzionali (Telemaco Infocamere, www.inipec.gov.it, www.registroimprese.it e altri ancora) gli indirizzi di posta elettronica certificata (p.e.c.) di alcuni tra i più noti istituti di credito nazionali ed esteri, sostituendoli con quelli di analoghe caselle di posta certificata, denominate in modo del tutto simile alle originali, appositamente attivate su provider specializzati e intestate a soggetti ignari o inesistenti.
Grazie a questo espediente i pirati informatici riuscivano, da un lato, ad interporsi tra i titolari dei conti correnti “online” e i rispettivi istituti secondo una modalità di attacco cibernetico nota come M.I.T.M. (man in the middle) e, dall’altro, ad entrare in possesso delle credenziali di accesso ai rapporti finanziari, utilizzando le quali disponevano una sequenza di operazioni “home-banking” in favore di ulteriori conti bancari, intestati a ignare vittime di furto d’identità ma gestiti dagli stessi pirati informatici.
I truffatori dunque ricevevano la mail del cliente che credeva di contattare la propria banca per rappresentare le proprie necessità (ad esempio chiusura o apertura di conti correnti ovvero successioni mortis causa) e, una volta stabilito il contatto, ottenevano la fiducia delle vittime e le inducevano a fornire le credenziali di accesso ed i codici operativi dei conti che utilizzavano per sottrarre il denaro.
Le somme rubate venivano riciclate attraverso una sequenza di bonifici effettuati su una serie di conti correnti, aperti fraudolentemente e, in taluni casi, intestati alle stesse ignare vittime. Se le disponibilità presenti sui conti correnti di cui si appropriavano erano scarse, la banda provvedeva all’azzeramento del saldo del conto attraverso acquisti di merci su siti di e-commerce, facendosi poi recapitare i beni presso indirizzi di comodo nei comuni di residenza.
Inoltre, al fine di rendere più credibile la truffa, i malfattori avevano creato anche profili Facebook intestati alle identità fraudolente e, per renderle più credibili, avevano inserito foto, curriculum e falsi loghi per spacciarsi per impiegati degli istituto di credito.
A riguardo Banca Mediolanum – in una nota- precisa che “nessun conto corrente e’ stato ‘saccheggiato’. Di conseguenza nessun nostro cliente risulta coinvolto nella vicenda“.