“Il ruolo dei medici di medicina generale (MMG) è cruciale per il funzionamento del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e, troppo spesso, non è pienamente compreso o adeguatamente valorizzato. L’immagine diffusa di una professione dai ritmi blandi e con margini di autonomia illimitati è lontana dalla realtà quotidiana“. A dichiararlo è Luigi Galvano, segretario provinciale Fimmg Palermo, a seguito della mobilitazione dei medici lo scorso 25 gennaio a Roma, evidenzia le condizioni dei medici di famiglia nell’anno corrente tra criticità e prospettive future.
“Ma i MMG sono tra i professionisti sanitari che hanno maggiormente integrato la digitalizzazione nel loro lavoro – prosegue -. La connessione continua con il MEF tramite il sistema SOGEI garantisce un sistema di tracciabilità avanzato, consentendo al SSN di monitorare con precisione il flusso delle prestazioni sanitarie. Un medico di famiglia con massimale di pazienti, inoltre, lavora ben oltre le 50 ore settimanali, spesso anche il sabato, svolgendo attività che vanno dalle visite ambulatoriali e domiciliari al lavoro amministrativo, fino allo studio e all’aggiornamento continuo. Il rapporto fiduciario con i pazienti consente una conoscenza approfondita del loro contesto socio-economico e familiare, migliorando l’efficacia delle cure e riducendo i costi per il sistema sanitario”.
Le criticità
“Nonostante l’importanza del loro ruolo, i MMG affrontano quotidianamente sfide significative: un sovraccarico burocratico che limita il tempo dedicato alla cura, una crescente richiesta di disponibilità da parte dei pazienti e una mancanza di adeguato riconoscimento economico e di supporto infrastrutturale. Gran parte del loro lavoro, come la gestione amministrativa e l’assistenza fuori orario, rimane “invisibile” al grande pubblico, contribuendo alla percezione distorta della loro reale mole di impegni “, evidenzia.
“A questa situazione si aggiunge il crescente problema della carenza di medici di famiglia, che sta mettendo a rischio la qualità delle cure primarie per milioni di italiani. Attualmente, circa 20 milioni di cittadini rischiano di rimanere senza un medico di fiducia a causa della diminuzione progressiva del numero di MMG attivi. Questa carenza aumenta fortemente il carico di assistiti per i colleghi in servizio, rendendoli più stressati e vulnerabili al burnout – sottolinea -. Le condizioni di lavoro stanno peggiorando e, al momento, non si vedono investimenti adeguati per un concreto miglioramento. In Italia, si stima che circa 14.000 medici di famiglia siano in età non ancora da pensione ma potenzialmente pensionabili, e molti potrebbero scegliere di lasciare la professione se la situazione non cambiasse. Il numero totale di MMG è già sceso da 45.000 a 37.000-38.000, una riduzione parzialmente compensata dall’aumento del massimale degli assistiti”.
La proposta di trasformazione
In questo contesto, la proposta di trasformare il medico di medicina generale da libero professionista convenzionato a dipendente del SSN solleva numerose criticità di natura giuridica, economica e organizzativa.
“Il rapporto convenzionale, regolato dall’Accordo Collettivo Nazionale (ACN), garantisce ai MMG un’autonomia professionale che consente flessibilità nell’assistenza territoriale – spiega -. Il Decreto Ministeriale n. 77/2024 ha delineato un modello di assistenza più strutturato, senza però modificare lo stato giuridico dei medici. L’eventuale trasformazione in dipendenti SSN comporterebbe un enorme investimento economico, con la necessità di adeguare gli stipendi, garantire copertura pensionistica e potenziare le infrastrutture amministrative. Tuttavia, il PNRR non prevede risorse specifiche per questa riforma. Inoltre, esiste il rischio che la proposta sia più un’operazione di facciata che una reale soluzione strutturata, soprattutto considerando le difficoltà delle Regioni nell’attuare le riforme territoriali previste e finanziate dal PNRR”.
“Dal punto di vista della sostenibilità economica, l’inquadramento come dipendenti aggraverebbe i costi del SSN, mentre la riduzione dell’autonomia professionale potrebbe introdurre rigidità organizzative incompatibili con le necessità dell’assistenza territoriale. Inoltre, la categoria dei MMG ha storicamente difeso il proprio status convenzionale, rendendo questa riforma difficilmente attuabile nel breve termine – prosegue -. Alla luce di queste considerazioni, la proposta di trasformare i MMG in dipendenti appare, al momento, più una dichiarazione di intenti che una misura concretamente realizzabile“.
“Un approccio più realistico sarebbe il rafforzamento del modello convenzionale, attraverso incentivi e strumenti di governance più efficaci per migliorare il coordinamento dei servizi territoriali – conclude -. Prima di affrontare una trasformazione così radicale, è necessario un dibattito approfondito e basato su dati concreti, senza scorciatoie che potrebbero compromettere la sostenibilità dell’intero sistema sanitario“.