Nel giorno in cui l’indagine sul coinvolgimento di Matteo Messina Denaro nelle stragi del 1992 approda dinanzi al gup, in parlamento viene presentata un interrogazione parlamentare sulle difficoltà nel dar la caccia al latitante. In una «sette giorni» in cui a Trapani gli agenti di carabinieri e polizia hanno smantellato diverse reti di fiancheggiatori, il latitante si vede sotto accusa per essere uno dei mandanti degli attentati del ’92 a Palermo in cui persero la vita Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e gli agenti delle scorte.
Secondo la tesi sostenuta dai pubblici ministeri della Dda di Caltanissetta ci sarebbe stato anche lo stesso Messina Denaro tra i capimafia che deliberarono gli omicidi di Falcone e Borsellino nel ’91, durante un summit svoltosi proprio a Castelvetrano. Il procuratore capo di Caltanissetta Amedeo Bertone, gli aggiunti Lia Sava e Gabriele Paci e il sostituto Stefano Luciani hanno depositato il mese scorso la richiesta di rinvio a giudizio, notificandola anche alla madre del capomafia, a Castelvetrano. Del coinvolgimento di Messina Denaro negli attentati ne ha parlato il collaboratore di giustizia Vincenzo Sinacori, “C’era anche Matteo alla riunione di fine settembre, tenuta a Castelvetrano, in cui Salvatore Riina comunicò l’avvio della strategia stragista”. Nell’incontro si sarebbe progettata una ritorsione nei confronti di chiunque avesse preso posizioni pubbliche contro la mafia. Nel mirino erano finiti politici e giornalisti, come l’allora Ministro della Giustizia Claudio Martelli, e anchor man di primo piano della tv e della carta stampata, da Maurizio Costanzo a Michele Santoro ed Enzo Biagi.
La cattura del latitante martedì è finita al centro di un interrogazione parlamentare presentata da nove senatori del Movimento 5 Stelle. Destinatari i ministri dell’Interno, della Difesa e dell’Economia ai quali si chiede di colmare urgentemente le carenze di organico delle forze di polizia. “La provincia di Trapani – scrivono i firmatari dell’interrogazione – è un territorio in cui hanno operato le più sanguinarie famiglie mafiose siciliane che hanno condizionato la regolare convivenza sociale della Sicilia occidentale; in tale contesto, a parere degli interroganti, è doveroso ricordare gli omicidi dei giudici Giacomo Ciaccio Montalto e Alberto Giacomelli, il fallito attentato al giudice Carlo Palermo e la strage di Pizzolungo dove morirono la signora Barbara Asta e i due figli Giuseppe e Salvatore di 6 anni, l’uccisione del giornalista Mauro Rostagno e i tanti delitti di uomini d’onore inseriti a vario titolo nella consorteria mafiosa trapanese».
Attualmente in alcuni commissariati della Polizia di Stato gli organici sono passati dalle settanta unità degli anni 2000 alle quarantanove unità attuali. Numeri ridotti al lumicino se si pensa che nell’ultimo blitz antimafia Ermes 2, in cui sono state fermate 11 persone, la Polizia ha impiegato settanta agenti fra Trapani, Palermo, Mazara del Vallo e Castelvetrano. «Negli anni successivi alle stragi mafiose – aggiungono i rappresentanti del Movimento 5 Stelle –, si è assistito a un interessamento da parte della classe politica dell’epoca che ha inviato nella provincia di Trapani personale dei diversi Corpi di polizia per incrementare gli organici negli avamposti investigativi che si occupavano di criminalità mafiosa. Con il trascorrere degli anni, però, l’attenzione della classe politica si è lentamente allentata. La mancata turnazione nell’ambito dei vari comparti delle forze di polizia in provincia di Trapani, ha generato dei preoccupanti vuoti di organico nelle componenti investigative». Stamane infine, dinanzi al gip del tribunale di Palermo inizieranno gli interrogatori per gli indagati dell’operazione Ermes 2.