Stavo pescando nello Stretto, o almeno ci stavo provando. I pesci giravano intorno alle mie esche senza abboccare e il tempo dell’attesa mi lasciava libero di pensare, di viaggiare con la mente sui grandi dilemmi dell’esistenza. Niente di spirituale, intendiamoci, ma quella dimensione interiore della ricerca di risposte.
Il dondolio della barca, la temperatura mite, la brezza marina mi portarono a chiedermi: cosa c’è di più etereo, leggero, inconsistente, impalpabile e invisibile del gas?
Vi propongo la stessa domanda perché ci ho messo tempo e impegno per trovare una risposta.
Non “sferniciatevi”, è inutile.
Non perdete tempo a cercare su internet, se siete millennials, o su qualche vecchia enciclopedia, se avete l’abitudine del rapporto tattile, olfattivo e visivo con la carta.
La risposta è nelle cronache recenti, sui media che in tempo reale fanno rimbalzare le informazioni su un progetto che svanisce, che sfuma, che si perde in un attimo senza apparentemente lasciar traccia di se:
Il deposito costiero di Gnl, l’impianto per immagazzinare il gas naturale liquefatto.
Una storia che inizia due anni fa e che si esaurisce nel volgere di un tempo veloce.
Nemmeno il tempo di contare i novanta milioni di euro che sono lì pronti ad essere spesi, investiti, messi a reddito rendendo così la nostra città, il nostro porto , la frontiera della transizione ecologica.
Ma come? Lo studio di fattibilità è stato fatto da una società leader nella classificazione e nella certificazione, oltre che nell’ambito dell’ingegneria di sistemi complessi.
Possibile che l’unica azienda interessata a investire, realizzare e gestire questo importante impianto, si sia
defilata così di corsa? (leggi qui)
Eppure era stato localizzato con attenzione e con un occhio attento agli aspetti legati alla sicurezza, alle esigenze operative e agli aspetti ambientali.
Ma evidentemente nessuno si è accorto che il luogo scelto non rientra nella circoscrizione dell’autorità portuale, e nessuno si è reso conto che non è previsto nel piano regolatore della città e nemmeno nel piano regolatore del porto!
E allargando lo sguardo un po’ più in là del naso, mi chiedo se qualcuno ha dato un occhio al mercato di riferimento e ai programmi di investimento (su questo tema ovviamente) che impegnano altre amministrazioni e altri enti, per evitare investimenti in concorrenza su ambiti così ristretti di domanda e offerta.
E ancora, possibile che nessuno abbia sentito il sindaco, i portatori di interesse, i cittadini della zona, i proprietari dei terreni?
Tutti coloro che hanno dichiarato di essere fermamente
contrari al progetto.
Insomma, mentre i miei occhi scrutano il blu profondo di questo mare l’atteggiamento mistico si trasforma in una incazzatura!
Ci vuole fantasia e lo spirito di un avventuriero per affrontare le cose in questo modo, a meno di voler pensare che le tre campagne elettorali consumate in questo ultimo scorcio dell’anno, avessero bisogno di miraggi milionari per investimenti straordinari e con mirabolanti ricadute economiche e sociali. Ovviamente a vantaggio di questo o quello schieramento politico.
E noi?
Noi poveri buddaci , senza capacità di distinguere sauri e ope, non siamo in grado di individuare le responsabilità politiche, di farci rifondere dagli amministratori che vendono fumo e ci fanno perdere tempo e opportunità di crescita.
Ma forse é giusto così, forse è quello che possiamo sopportare, che in fondo ci meritiamo.
Aspè, aspè…
Ho preso un bel pescione!
Basta farsi domande, mi consolo e vado a casa.