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Musumeci, il presidente della semina e il raccolto che rischia di sparire per sempre

sabato 7 Aprile 2018
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In un’intervista rilasciata al settimanale Panorama in edicola questa settimana, Nello Musumeci torna ad affrontare i temi delle convergenze, che non ci sono, da parte delle opposizioni, riprende le grandi questioni da portare avanti per il governo della Sicilia, si rammarica di un tono poco istituzionale, al limite dell’insulto, lo valuta, da parte dei 5 stelle di Sicilia nei suoi confronti e parla della maggioranza come una circostanza numerica, più che un dato oggi tangibile.

In mezzo, vengono giustamente evidenziate le linee che divergono per quanto riguarda i grillini, di lotta in Sicilia, di speranza e di governo a Roma. Tutto questo alla vigilia dei giorni caldi in cui, dopo il 20, la legge finanziaria, tra commissioni e Aula, verrà messa alla prova. Duramente.

Sovviene pertanto il dubbio che, se qualcosa di sacrificabile c’è in questo momento nella legge, tanto vale farlo ricadere, intanto, in un contenitore di valutazioni quanto più condiviso, anche al di fuori del ristretto perimetro della maggioranza.

Sul soggetto finanziario unico e sulla riforma delle politiche abitative nell’Isola, per esempio, i numeri potrebbero ballare di brutto, come su altri passaggi del testo, primo tra tutti quello delle stabilizzazioni nelle società partecipate.

Che Musumeci abbia ragione sul fatto che questa sia una legislatura di transizione sono in pochi ad avere dubbi. Manca oggi nel centrodestra siciliano la proiezione di una leadership futura in FI, il Pd è allo sbando, a Roma come a Palermo, e persino i ‘grillini’ saranno tra tre anni alle prese con la successione di Giancarlo Cancelleri, tranne che non si rivedano le regole dei due mandati.

Questo fatto da un lato potrebbe far venir fuori le ambizioni di chi, dentro il parlamento regionale, ma in fondo anche fuori, si vuole attrezzare alla successione nei rispettivi ambiti di riferimento, ma al tempo stesso, costituisce altresì un  limite nella misura in cui, finisce col demotivare quanti  rimangono fuori dalla possibilità di un coinvolgimento.

Il rischio, a partire dal prossimo voto di aprile sulla finanziaria, è l’inasprimento della palude di cui ci sono già tracce evidenti. Giuseppe Lupo, capogruppo all’Ars di un Pd che non farà sconti a prescindere, è tra i parlamentari che, dotati di sufficiente esperienza, attendono al varco l’esecutivo, per metterne a nudo limiti e contraddizioni.

A questo punto tanto vale che si materializzi in fretta l’ufficiale di collegamento, il collante tra coalizione che appoggia il governo e le appendici, varie ed eventuali, ove ci siano, chiamate a puntellare la navigazione zoppicante del centrodestra.

Il resto, di questo passo, rischia di essere cronaca dell’uguale. E pure noiosa.

 

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