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La Giornata internazionale

Mutilazioni genitali femminili: un’emergenza globale da fermare entro il 2030

giovedì 6 Febbraio 2025

Più di 230 milioni di ragazze e donne hanno subito una forma di mutilazione genitale femminile (Mfg), mentre altre quattro milioni rischiano di esservi sottoposte prima dei 15 anni. Questa pratica è presente in almeno 96 paesi e, se non si interviene tempestivamente, si stima che entro il 2030 altre 27 milioni di ragazze potrebbero subire questa grave violazione dei loro diritti e della loro dignità.

Si celebra oggi, 6 febbraio, la Giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili. Questa giornata rappresenta un’occasione fondamentale per sensibilizzare governi, istituzioni e società civile sull’urgenza di eliminare le mutilazioni genitali femminili, promuovendo interventi concreti a livello legislativo, sanitario ed educativo. È un momento per dare voce alle sopravvissute, riconoscere il loro coraggio e rafforzare l’impegno collettivo nella prevenzione e nel supporto alle vittime. La lotta contro le Mfg richiede un approccio globale, basato su educazione, protezione e accesso a cure adeguate, affinché nessuna bambina o donna debba più subire questa violenza.

Mfg

Le mutilazioni genitali femminili sono una violazione dei diritti umani che infligge cicatrici fisiche, emotive e psicologiche profonde e permanenti alle ragazze e alle donne. Questa pratica viola l’etica medica, poiché comporta l’amputazione di organi sani. Anche se eseguite in ambiente sanitario con adeguate misure igieniche, pratica che avviene raramente, le Mgf restano una violazione del principio medico “non nuocere”. Provocano danni fisici e psicologici gravi e permanenti, compromettendo la salute delle vittime.

I danni immediati possono essere fatali: emorragia, shock, infezioni, tetano e lesioni agli arti causate dall’immobilizzazione forzata. Le complicazioni a lungo termine includono infezioni croniche, cisti, fistole, incontinenza urinaria, disfunzioni sessuali e un maggiore rischio di trasmissione di HIV e epatite B e C.

Le donne sottoposte a Mgf affrontano spesso difficoltà nei rapporti sessuali e, in caso di gravidanza, sono esposte a un più alto rischio di complicanze durante il parto, tra cui emorragie post-partum e mortalità neonatale. Sul piano psicologico, possono sviluppare ansia, depressione, disturbi post-traumatici e bassa autostima.

La diffusione del fenomeno

Sono maggiormente diffuse in Africa centrale e in alcune aree del Medio Oriente e dell’Asia. I paesi con l’incidenza più elevata sono Somalia, Guinea, Gibuti, Sierra Leone, Mali, Egitto, Sudan, Eritrea, Burkina Faso, Gambia, Etiopia, Mauritania, Chad e Indonesia.

In Europa, oltre 600 mila donne hanno subito mutilazioni genitali femminili. Altre 190 mila sono a rischio in 17 paesi. Secondo l’UNHCR, tra il 2015 e il 2020, almeno 200 mila donne e ragazze richiedenti asilo in Europa potrebbero essere state vittime ogni anno. Mancano però dati aggiornati. In Italia, l’ultima stima risale al 2019. Secondo l’Università Milano-Bicocca, circa 87.600 donne hanno subito MGF. Tra queste, 7.600 sono minorenni, principalmente di origine nigeriana ed egiziana. Inoltre, circa 5.000 bambine sarebbero a rischio.

In Italia?

Il nostro Paese dispone di strumenti legislativi per prevenire e contrastare le Mgf, come la legge 7/2006 e il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023. Tuttavia, manca chiarezza sull’effettiva applicazione di queste misure. Ad esempio, non è ancora stato reso noto l’esito del bando 2023 del Dipartimento Pari Opportunità per una nuova mappatura del fenomeno. Inoltre, i dati pubblici sull’impatto dei fondi stanziati annualmente per interventi specifici. ActionAid evidenzia che le risorse vengono allocate al Dipartimento per le Pari Opportunità, al Ministero della Salute e al Ministero dell’Interno, ad esempio per la gestione del Numero verde contro le Mgf (800.300558). Tuttavia, senza informazioni trasparenti, risulta difficile valutare l’efficacia degli interventi.

Le organizzazioni che operano sul campo evidenziano la necessità di misure più incisive, tra cui:

  • riconoscere le Mgf come patologie croniche nel Sistema sanitario nazionale, inserendole nei Livelli essenziali di assistenza (Lea);
  • garantire l’esenzione del ticket per le cure mediche e psicologiche delle donne vittime di Mgf.

Unfpa, Unicef e Oms

Dal 2008 Unfpa-Unicef sono in prima linea con un programma congiunto sull’eliminazione delle mutilazioni genitali femminili, in collaborazione con l’Oms. Dall’avvio del progetto quasi 7 milioni di ragazze e donne hanno accesso ai servizi di prevenzione e protezione. Inoltre, 48 milioni di persone hanno rilasciato dichiarazioni pubbliche per abbandonare la pratica e 220 milioni di persone sono state raggiunte dai mass media sulla questione.

“Tuttavia, anche la fragilità dei progressi compiuti è diventata evidente. In Gambia, ad esempio, persistono i tentativi di abrogare il divieto delle mutilazioni genitali femminili, anche dopo che una proposta iniziale in tal senso è stata respinta dal parlamento l’anno scorso. Tali sforzi potrebbero minare gravemente i diritti, la salute e la dignità delle future generazioni di ragazze e donne, mettendo a repentaglio l’instancabile lavoro di decenni per cambiare gli atteggiamenti e mobilitare le comunità”, spiegano in una nota la direttrice esecutiva dell’Unfpa, Natalia Kanem, il Direttore Esecutivo dell’Unicef Catherine Russell e il Direttore Generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus.

“Dei 31 paesi che raccolgono dati sulla prevalenza a livello nazionale, solo sette sono sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo di sviluppo sostenibile di eliminare le mutilazioni genitali femminili entro il 2030 – proseguono -. L’attuale ritmo di progresso è troppo lento e deve accelerare con urgenza. Serve maggiore responsabilità a tutti i livelli per garantire il rispetto degli impegni sui diritti umani. È fondamentale attuare politiche e strategie per proteggere le ragazze a rischio e offrire assistenza, inclusa la giustizia, alle sopravvissute. Sono necessari anche maggiori investimenti”.

 

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