Dura condanna da parte del giudice Roberto Riggio poco fa in tribunale a Palermo nei confronti di Emanuele Pelli, il 35enne di Palermo che lo scorso 11 maggio ha travolto e ucciso madre e figlia, Angela Merenda e Anna Maria La Mantia, 43 e 63 anni, investendole mentre attraversavano la strada in via Fichidindia, nel quartiere Brancaccio.
Otto gli anni inflitti dal giudice – grazie allo sconto di pena di 4 anni per il rito abbreviato – che ha inoltre stabilito delle provvisionali a favore di familiari, decretato la confisca e distruzione del mezzo e revocato la patente di guida.
Pelli resterà dunque in carcere, dove è rinchiuso dalla mattina seguente all’incidente, con l’obbligo di pagarsi anche le spese di mantenimento per la detenzione.
I familiari di Angela e Anna Maria si sono affidati a Giesse Risarcimento Danni, gruppo specializzato nel risarcimento di incidenti mortali con sede a Canicattì e Catania e, con i propri legali fiduciari, hanno seguito anche l’evolversi del procedimento penale.
La tragedia
Come ogni venerdì sera Angela e Anna Maria si erano recate presso la chiesa evangelica Dio con noi per prendere parte al consueto studio biblico settimanale. Terminata la serata, dopo uno scambio di saluti con i confratelli, entrambe erano uscite e, prendendosi sotto braccio, avevano iniziato ad attraversare la strada per fare rientro a casa. All’improvviso il rumore di un’auto che arrivava a fortissima velocità, i fari negli occhi e in pochi istanti si è consumata la tragedia, con entrambe le donne caricate a tutta velocità sul cofano e finite sbalzate a più di una decina di metri di distanza.
Una scena terribile, alla quale hanno assistito diversi confratelli rimasti poi per giorni sotto choc. Quando sul posto sono sopraggiunte le ambulanze del 118, per Anna Maria non c’era già più nulla da fare. Angela, la figlia, è stata invece condotta al pronto soccorso dell’ospedale Civico, ma il suo cuore ha smesso di battere già poco dopo l’arrivo.
A bordo dell’auto, una Fiat Punto celeste, Pelli, stando alle dichiarazioni da lui stesso rilasciate in fase preprocessuale, si sarebbe fermato ma per poi fuggire subito dopo, impaurito. Secondo invece i testimoni che hanno assistito all’incidente da fuori la chiesa, il 35enne non si sarebbe neppure fermato e avrebbe proseguito dandosi alla fuga spegnendo i fari.
L’uomo è stato poi rintracciato la mattina seguente e tratto in arresto dai carabinieri, dopo che la sua auto era stata ritrovata dagli agenti della polizia municipale in un parcheggio vicino a casa.
Davanti a giudice e Pm il 35enne ha raccontato di essere uscito di casa della madre quella sera dopo aver bevuto due bicchieri di birra, per recarsi a casa. Pochi minuti dopo transitando in via Fichidindia, a causa dell’elevatissima velocità non si sarebbe neppure accorto della presenza delle due signore intente ad attraversare la strada, fino a quando le ha colpite entrambe. Successivamente, impaurito si è allontanato e dirigendosi verso casa avrebbe lasciato l’auto in un vicino parcheggio, sarebbe rientrato solo per cambiarsi e poi avrebbe passato tutta la notte per strada, gettando per sua stessa ammissione il cellulare in un cespuglio, recuperandolo poi la mattina seguente, poco prima di essere raggiunto e tratto in arresto dai carabinieri.
La ricostruzione
I Pm De Benedittis e Amico hanno affidato la ricostruzione dell’esatta dinamica dell’incidente all’ingegner Mauro Trombetta, che nella propria relazione finale calcola una velocità di 108 km/h della Fiat Punto al momento dell’investimento, su una strada con limite di soli 50 km/h. “Non si può che rimanere sbigottiti di fronte a una percorrenza così elevata di un tratto le cui caratteristiche rendono pericoloso persino a 50 km/h”, si legge tra le conclusioni dell’ingegnere. Il perito evidenzia inoltre l’assoluta impossibilità di “trovare qualche responsabilità per l’accaduto a carico dei due pedoni” e che “se la vettura avesse percorso quel tratto a una velocità non superiore al limite vigente, l’incidente si sarebbe potuto evitare”. Sulla dinamica, hanno influito inoltre “le pessime condizioni delle gomme, con l’evidente presenza di crepe sui fianchi, segnali di cottura dal sole e, addirittura, al mozzo anteriore destro, la presenza di un ruotino di scorta risalente all’epoca di acquisto della vettura, in condizioni ancor peggiori rispetto al restante treno di gomme”.
L’auto, peraltro, non era mai stata assicurata dopo l’acquisto e la patente di Pelli è risultata scaduta dal 2015.
“Giustizia è stata fatta – commentano soddisfatti Diego Ferraro ed Ivan Greco, responsabili delle sedi Giesse presenti in Sicilia – Nessuno potrà riportare ai propri cari Anna Maria e Angela ma quanto meno, grazie alle nuove pene introdotte con il reato di omicidio stradale, chi ha causato questa tragedia pagherà davvero con il carcere. Ogni anno siamo chiamati a gestire centinaia di incidenti mortali ma mai come in questo caso ci siamo trovati dinanzi ad un comportamento tanto assurdo e irresponsabile: correre su un’auto in pessime condizioni, non assicurata, a quella velocità lungo un tratto di strada dove a malapena riescono a passare, sfiorandosi, due auto affiancate, è un comportamento inaccettabile. Così hanno perso la vita due donne, entrambe madri di famiglia, che invece, per un assurdo paradosso, si sono sempre comportate in maniera irreprensibile”.
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