I carabinieri del nucleo investigativo del Comando provinciale di Palermo hanno eseguito 9 fermi, disposti dalla Dda, nei confronti di altrettanti esponenti del mandamento mafioso di Porta Nuova accusati di associazione di tipo mafioso, estorsione, consumata e tentata con l’aggravante del favoreggiamento alla mafia e traffico di droga.
Le indagini hanno accertato che i summit di mafia venivano organizzati in una sala da barba gestita da uno degli indagati. Alle riunioni partecipavano i vertici della famiglia mafiosa di Palermo Centro ( che controlla i quartieri di Capo, Ballarò, Kalsa e Vucciria). I carabinieri hanno ricostruito numerose estorsioni. Per ridurre i rischi di denunce da parte dei commercianti, l’associazione mafiosa avrebbe sostituito la tradizionale richiesta di pizzo con una lotteria abusiva, la cosiddetta riffa. Il clan obbligava all’acquisto dei biglietti i commercianti della zona e li minacciava nel caso in cui questi non avessero aderito alla richiesta.
I fermati nell’operazione sono: Francesco Mulè, 76 anni detto Zu Francu”, Massimo Mulè, 50 anni, detto “U Nicu”, Gaetano Badalamenti, 53 anni, detto “U zio”, “Mangeskin”, “U romano”, “Roma”, “Ricotta” “Capitale”, Francesco Lo Nardo, 63 anni detto “Sicarieddu”, “Sicarru”, Giuseppe Mangiaricina, 43 anni, detto Pitbull, Alessandro Cutrona, 38 anni detto “Tettina” “U Pacchiuni”, Calogero Leandro Naro, 28 anni, detto “Leo”, “U pugile”, Salvatore Gioeli, 56 anni, detto “Mussolini”, “Benzina”, “Pompa”, Antonio Lo Coco, 68 anni, detto “Peppuccio”.
I fermati si sarebbero occupati della gestione degli affari del territorio e della risoluzione delle controversie private soprattutto nello storico mercato di Ballarò. La cosca avrebbe concesso la autorizzazione per l’apertura e la cessione degli esercizi commerciali nel territorio di sua “giurisdizione” criminale, avrebbe controllato il contrabbando di sigarette, la gestione dei mercati rionali anche avallando o negando l’installazione di una bancarella per vendere la merce.
Il pizzo nel mercato di Ballarò e nella zona della stazione centrale a Palermo era imposto a tappeto. “Qua pagano tutte le bancarelle Bangladesh“. A parlare è Massimo Mulè che, secondo la Procura, assieme al padre Francesco, avrebbe retto il clan di Palermo Centro. Entrambi sono stati fermati nell’ambito dell’operazione antimafia oggi a Palermo. Tante attività commerciali sottoposte al pizzo: un bar di piazza Magione e un ristorante del Foro Italico e un’edicola in corso Tukory. Tanti pagano in silenzio come hanno sottolineato nel provvedimento di fermo il procuratore aggiunto Paolo Guido ed i sostituti Giovanni Antoci, Luisa Bettiol e Gaspare Spedale. Il pizzo resta – come emerge anche da quest’ultimo blitz dei carabinieri, denominato “Centro” – una risorsa fondamentale per Cosa nostra, assieme alla droga, ma anche allo smercio di sigarette di contrabbando. E, come già era venuto fuori in altri quartieri in passato, i boss per cercare di evitare problemi avrebbero imposto la tangente costringendo i commercianti ad acquistare i tagliandi per una riffa clandestina. Dalle intercettazioni, però, emerge anche che diversi affiliati non avrebbero ritenuto i Mulè i migliori boss possibili anche perché si sarebbero “fottuti i picciuli” e qualcuno rimpiangeva “i bei tempi in cui c’era Alessandro D’Ambrogio, ora recluso al 41 bis“.
Al centro dell’attività del clan c’era il traffico di sostanze stupefacenti il cui ricavato andava al sostegno delle famiglie dei detenuti. In base alle indagini ci sarebbe una rigida regia mafiosa delle piazze di spaccio, nell’ambito delle quali opererebbero solo pusher preventivamente autorizzati dai boss, che farebbero, poi, riferimento ai capi piazza.
Il provvedimento di fermo è stato deciso anche per il pericolo di fuga di uno dei capi che sarà giudicato a breve nel processo d’appello su Cupola 2.0.
“Rivolgo il mio plauso per l’operazione di oggi dell’operazione del Nucleo investigativo del Comando provinciale dei carabinieri che ha portato a 9 fermi disposti dalla Direzione distrettuale antimafia e dalla Procura della Repubblica di Palermo. Dalle indagini emerge un quadro preoccupante di estorsioni e traffico di stupefacenti in una vasta area del centro storico e, per questa ragione, l’operazione di oggi rappresenta un duro colpo a Cosa nostra”, la dichiarazione del sindaco, Roberto Lagalla, alla notizia dell’operazione.