“Papà devi contestualizzare”. E’ la frase che campeggia nel dipinto che raffigura Giulio Zavatteri e Diego Mancuso, amici nella vita, accomunati nel triste destino di giovani vittime del crack.
Giulio avrebbe compiuto ieri 21 anni ed il padre, Francesco Zavatteri, lo ha voluto ricordare in una cerimonia organizzata nel salone del Centro anticrack di pronto accoglienza dell’Asp di Palermo, in via La Loggia.
Erano, tra gli altri, presenti il Commissario straordinario dell’Azienda sanitaria, Daniela Faraoni, il Direttore sanitario, Franco Cerrito, ed il Direttore della Uoc Dipendenze patologiche, Giampaolo Spinnato, Hanno preso parte, in veste privata, il Procuratore del Tribunale dei Minori, Claudia Caramanna e la responsabile della sede Rai della Sicilia, Roberta De Cicco.
“Volevamo festeggiare qui – ha detto Francesco Zavatteri – donando il quadro realizzato dal pittore Igor Scalisi Palminteri. L’opera raffigura i volti sorridenti di Giulio e Diego. Abbiamo voluto ricordarli in questo luogo simbolo di un momento di ripartenza. Siamo qui nell’interesse del futuro dei giovani ospiti della struttura”.
“Io e i genitori di Diego – afferma Zavatteri – abbiamo concordato insieme di donare questa tela al centro di pronta accoglienza. Speriamo che i loro sorrisi possano essere di stimolo per aiutare i ragazzi ad uscire dalla dipendenza”.
Dopo un momento di preghiera con il cappellano dell’Ospedale Ingrassia, Don Gioacchino Capizzi, il soprano Chiara Lidia Giacopelli ha cantato due brani. A conclusione della cerimonia, il padre di Giulio e la mamma di Diego hanno ricordato i figli con toccanti parole.
Intervista a Igor Scalisi Palminteri
“Ho dipinto due ragazzi, Giulio e Diego. – dichiara Igor Scalisi Palminteri, autore del quadro – Dentro questi volti ci sono quelli di tutti i miei fratelli e le mie sorelle che si perdono dentro il crack, una droga devastante che sta rovinando i nostri figli ma interessa tutte le generazioni. Purtroppo è una droga che costa pochissimo ed è facilmente accessibile, è una sostanza che tocca qualsiasi ceto o classe sociale, ricchi e poveri, giovani e vecchi. In quei volti che ho ritratto si possono rivedere gli occhi di tutte quelle persone che sono emarginate, che hanno avuto un difficile trascorso di vita”.
L’artista continua: “E’ importante che la società si accorga di loro e si attivi, perché è fondamentale che lo Stato continui ad investire su progetti e strutture ma soprattutto su professionisti del settore dei centri di ascolto e accoglienza che, t
alvolta, sono sottopagati. Servono educatori che sappiano cosa sia la strada e che sappiano parlare con i ragazzi che hanno questo tipo di problemi. Bisogna mettere sul tavolo idee concrete che abbiano la capacità di coinvolgere la società e di entrare con potenza nelle periferie. Il crack non è la causa del problema ma solo la fase finale di un processo che nasce dal disagio e che deve vedere tutti gli attori coinvolti a dialogare e collaborare attivamente”.
“Quella del crack non è solo un emergenza, ma qualcosa di ormai radicato: è necessario stare accanto alle famiglie che spesso non sanno cosa fare. Dall’altro lato ci vuole amore, e non giudizio, per queste persone che si perdono. E’ la mancanza di amore che ci sta fottendo. L’amore per il prossimo, per la gente, per il lavoro, per i nostri quartieri. Manca la devozione alla comunità, che va costruita pian piano. Basta proclami e eventi, serve vita vera!” – conclude Palminteri.
Articolo di Samuele Arnone e Joska Arena