La vostra Patti Holmes è schietta, ma la vuole maritata. Ipotesi: 1) è una sorta di Marta Flavi che ama trovare le anime gemelle e unirle nel sacro vincolo del matrimonio; 2) il “maritata” si riferisce a un panino, che la schietta, in quanto sola con se stessa, rende meno godurioso rispetto alla maritata che, essendo in due, ne può combinare delle belle. Quindi è chiaro che una schietta come me, almeno nel cibo vuole essere maritatissima. Lo so, golosi Watson, aspettatate la parola magica che già al solo pensiero vi ha aperto il pititto e io, allora, la pronuncio: “pani câ meusa”. Ovvero, il panino con milza.
Sento già un mhmmm, ma prima di dirvi dove gustare i più buoni di Palermo, con una ricerca incrociata tra Tripadvisor, Facebook, amici, conoscenti e lettori de ilSicilia.it, sopraffini degustatori di pietanze sicule, voglio raccontarvi brevemente, per non annoiarvi troppo, come e quando nacque.
A Palermo, sotto la dominazione dei musulmani e fino al 1492, viveva una comunità di ebrei che ha influenzato la nostra cucina, che è, infatti, per buona parte di origine casher. La casherut è l’insieme di norme che regola la produzione e il consumo dei cibi secondo la religione ebraica. Per ottenere carni pure, quindi casher, gli animali dovevano essere macellati secondo riti ben precisi e poiché i macellai ebrei, per i dettami della loro religione, non potevano accettare denaro per l’uccisione degli animali, venivano ricompensati con le interiora.
Ma come ricavare denaro da questo “compenso” sui generis? Ecco che, colpo di genio, inventarono un piatto che ottenevano bollendo le frattaglie per sterilizzarle e venderle per strada riscaldate nello strutto e messe in mezzo al pane. Questa leccornia, nonostante l’espulsione degli ebrei dall’isola nel 1492, non andò persa, ma continuò grazie al cacciuttaru che prima vendeva solo focaccine inzuppate di strutto fuso e ripiene di ricotta o caciocavallo fresco a fettine.
Fondendo le due ricette nacque il piatto che conosciamo oggi: un panino intriso di strutto, farcito con milza, polmone e scannarozzato (la trachea) con limone o pepe, condito con caciocavallo a listarelle sottili (schietta) o con l’aggiunta di ricotta (maritata). In passato (ma la tradizione permane ancora oggi), piccola curiosità, veniva definita schietta quella condita solo con la ricotta per la sua parvenza di candore, mentre quella maritata era, a ragione, “carnale” e non ammantata di bianco pudore.
Oggi, a distanza di secoli, u pani câ meusa continua a prepararsi secondo la tradizione: una forchetta a due denti serve per estrarre le frattaglie, fritte in un padellone inclinato in cui lo strutto è elemento fondamentale. Rapidamente scolate, sono inserite nella vastedda, anch’essa calda, e per questo custodita sotto un telo. Il panino va servito in carta da pane o carta assorbente.
Adesso eccovi il tanto atteso elenco dei migliori meusari di Palermo, che, ribadiamo, nasce dai tripadvisoriani, facebookiani, panormitani, isolani e holmesiani.
Nni Franco U’ Vastiddaru, Via Vittorio Emanuele 102.
Nel centro storico della città, un panino con la “meusa” indimenticabile. Molto apprezzato, oltre che per la bravura nel prepararlo, anche essere simpaticunazzu, il giovane meusaro. In memoria dell’indimenticabile Franco, scomparso qualche tempo fa.
Porta Carbone, Via Cala 62.
Pani câ meusa spettacolare. Se trovate un tavolo, mentre lo addenterete, potrete godere del porticciolo e ammirare le tante imbarcazioni che profumano di vacanza. Mare profumo di mare e di meusa.
Nino u’ Ballerino, Corso Camillo Finocchiaro Aprile 76 (già corso Olivuzza).
A due passi dal tribunale, una istituzione palermitana. Panino con milza, limone, spolveratina di caciocavallo, preparato da Antonino Buffa, in arte Ninu u’ Ballerino, così chiamato per l’annacamento che accompagna tutte le sue preparazioni.
Antica Focacceria San Francesco, Via A. Paternostro 58.
Locale storico, nato a Palermo nel 1834 da una lunga storia fatta di cultura e passione per la tradizione. Tappa obbligata per chi viene a Palermo. Incanta la freneticità di chi imbottisce i panini e di chi frigge “a meusa”.
Ni Piddu Messina, Via D’Ossuna 6.
Ottimo con pane rimacinato. Viene utilizzato un fazzolettino di carta per non far inzuppare il pane, che dopo la farcitura viene eliminato, togliendo parte del grasso. Da leccarsi i baffi, anche per chi non lo ha.
Rocky Basile, mercato Vucciria/corso Vittorio Emanuele.
Meusaro ambulante, detto il re della Vucciria, si divide tra lo storico mercato di giorno e corso Vittorio Emanuele di sera. Protagonista contro Nino Ballerino di una puntata di Unti e Bisunti, è considerato uno dei più bravi conzatori di pane con la milza di Palermo.
Il Chioschetto, Corso dei Mille 200.
I cultori lo conoscono e lo venerano. Mafalda fresca e croccante, stra-imbottita di milza e polmone cotti alla perfezione. Acquolina in bocca.
Fratelli Testagrossa, Corso Calatafimi 2.
Posto tipico e storico dello street food palermitano all’inizio di corso Calatafimi e, quindi, a un passo da piazza Indipendenza. Pani câ meusa tra i migliori di Palermo, dimostrato dalla folla famelica che vi si accalca.
Focacceria della Circonvallazione, viale Regione Siciliana Nord ovest 478.
Panino con la milza superlativo. Locale sempre pieno, soprattutto sabato e domenica, ma vale la pena aspettare. Il vostro stomaco vi ringrazierà.
Focacceria Romano, Via Perpignano 186/H.
Pietro Romano è il Re della Zisa e vi farà gustare un pani câ meusa che ritornerà nei vostri sogni e vi ci farà ritornare da svegli.
“Dimmi quel che mangi e ti dirò chi sei”. (Anthelme Brillat-Savarin)
E che il tour abbia inizio.
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