Distratti dalla lunga faida interna che si è consumata in occasione dell’ultima campagna elettorale, dentro il Pd gli elettori del centrosinistra hanno guardato, un po’ disorientati, al posizionamento dei propri riferimenti nell’asset dei collegi uninominali e in quello plurinominale di Camera e Senato. Esprimeranno il loro voto e chiuderanno una parte importante dei discorsi dentro l’urna di domenica.
Dopo ci sarà da costruire, salvo ripensamenti dell’interessato, il post-Raciti, dal momento che il segretario regionale del Pd ha annunciato il suo passo indietro prima che la fase calda della campagna elettorale prendesse il sopravvento. I renziani hanno pronto il nome di Luca Sammartino, per un eventuale congresso regionale, ma nulla è scontato.
Dopo il 5 marzo ci sarà il round finale nel partito Democratico. Qualcosa che va oltre alla transitoria resa dei conti. Una traiettoria da ‘dentro o fuori’.
L’esperienza dei partigiani del Pd, che rischiano di passare da confine di resistenza a luogo potenziale chiamato a mettere insieme tutti i cocci e i cespugli di chi la pensa nel partito diversamente da Renzi e dai renziani di Sicilia, potrebbe diventare un collante tra i delusi nell’Isola di Andrea Orlando, di Emiliano, dei territori messi in minoranza nelle scelte.
Se non è un mistero che il ‘redde rationem’ renziano possa cominciare con una serie di aut aut dopo il voto a chi è in dissenso con la linea di Renzi, è altresì vero, che dare la carte in un partito dal consenso robusto è una cosa, ma farlo in uno provato dal voto e ridimensionato dai risultati, ha un diverso peso.
Per esempio, Cracolici, dato per uscente dal Pd, negli ultimi tempi ha ripreso a parlare con Beppe Lumia, la cui opinione sulla vicenda rimane quella di non fare sconti a Renzi e di rimanere nel partito corroborando uno schema di opposizione interna forte. Le scissioni, è la tesi, lasciano numeri residuali e hanno vita difficile, richiedendo tempo per affermare un messaggio. Dal di dentro, sostengono, uscire dall’angolo come forza comune, potrebbe essere persino più semplice.
Senza dimenticare che all’Ars c’è un gruppo del Pd assolutamente privo di una maggioranza bulgara e chiamato a pronunciarsi rispetto al venticello di cambiamento, (o di consolidamento) dell’attuale quadro di gestione.
Toccherà anche a Giuseppe Lupo, dopo il voto, e dopo la conta degli eletti e degli sconfitti tra i dem, dare un segnale di ripartenza che tenga conto, sia degli equilibri all’interno dei deputati regionali, sia dei diktat in via d’estinzione di Renzi. Chi sarà ( e ci sarà?) il competitor di Sammartino. Si faranno altre scelte, ma soprattutto che Pd sarà? Tra qualche settimana ce ne renderemo conto.