Prima o poi anche questo, nella cantina della memoria Dem sarà solo un brutto ricordo. La faida per la guida del Pd in Sicilia, aperta nelle ultime settimane, nel maggio del 2020, quando Anthony Barbagallo, divenne il segretario regionale, non era scritta nelle stelle.
All’epoca il Partito democratico, dilaniato dopo il ritiro di Teresa Piccione dalla corsa alla segreteria regionale, scelse di ricompattarsi sull’ex assessore regionale al Turismo di Crocetta. Barbagallo aveva trovato la sponda sia nei “Giovani democratici”, che pesavano per il 20% degli iscritti, sia nell’ala dei veterani (da Crisafulli a Speziale e Marziano), beneficiando anche di una sponda operativa nella Sicilia occidentale in Antonello Cracolici.
Tra chi mostrava il pollice alto c’era anche Giuseppe Lupo che ancora non era passato sotto le forche caudine della non ricandidatura a Sala d’Ercole, scelta su cui Barbagallo ebbe un peso, e oggi europarlamentare pronto a presentargli il conto con ricevuta di ritorno.
Il catanese all’epoca parlava di ‘partito-comunità’ “radicato nei territori” e prometteva di partecipare alle riunioni dei circoli con l’obiettivo di rilanciare l’intera area politica in vista del traguardo di Palazzo d’Orléans 22, quello in cui il centrosinistra si sfaldò senza neanche provarci più di tanto contro le truppe irresistibili del centrodestra di Renato Schifani.
Oggi Barbagallo è un deputato nazionale che ha scelto di appoggiare la segreteria Elly Schlein, ma che in quel mondo è rimasto poco più di un oggetto misterioso, più sopportato che supportato, ma soprattutto nei due anni grigi di questa legislatura all’Assemblea regionale siciliana il Pd ha fatto solo ordinaria amministrazione. Un’indolenza che non ha risparmiato i quadri del partito d’un tratto scosso dal torpore più per onor di firma e desiderio di riposizionamento che per una vera e propria spinta rigeneratrice in grado di alimentare una prospettiva diversa.
Come finirà? Melina, rinvio, o conta sul campo?
Primarie aperte o solo per i tesserati?
Nello Dipasquale, deputato regionale ragusano, ci ha tenuto a palesare il proprio sostegno a Barbagallo e tra i falchi Fabio Venezia è il più rampante degli accusatori, ma i grandi elettori e i
tessitori tacciono. Complottare stanca e non sempre paga, figurarsi doversi sobbarcare poi uno scontro in campo aperto.
Quando, dopo il flop delle Regionali 2022, qualcuno provò a chiedere la testa del segretario regionale, il pantano suscitato dai veti incrociati della successione si elevò proverbialmente a protezione di Barbagallo. Oggi non è cambiato molto e forse ancora una volta trionferà la saggezza popolare: “megghiu u tiuntu canusciutu ca u bonu a canusciri”…