All’appello hanno già aderito Confindustria, Confesercenti, sindacati ed ordini Professionali. Ancora una volta, infatti, il Governo si è fermato agli spot elettorali e dall’Esecutivo di Matteo Renzi all’attuale di Paolo Gentiloni poco o nulla è cambiato. La realtà è più ostinata delle promesse che evaporano nell’aria, ancora una volta, in modo impietoso e irriguardoso verso la dignità dei messinesi e più in generale dei siciliani.

“Da qui al 2030 tanti cantieri nella nostra Isola”, è il mantra lanciato dal sottosegratario Davide Faraone, che ha parlato di “Opere pubbliche che verranno realizzare con impegni e tempistiche certe”. Peccato, però, che i fatti lo smentiscano e dicano ben altro e cioè che aver speso 600 milioni di euro per i fantasmi e le ombre cinesi del Ponte sullo Stretto ora il Governo col nuovo Piano infrastrutture finanziato dal Documento di economia e finanza approvato dal Cdm ha fatto tabula rasa, azzerando tutto e ricominciando da un incarico per un nuovo studio di fattibilità. Si parla addirittura di “possibili opzioni di collegamento stabile e non stabile”, enigmatiche espressioni quasi shakespeariane che dicono tutto e il contrario di tutto mentre, a conti fatti, neppure un’infrastruttura moderna viene prevista da Salerno in giù.
E l’alta velocità, essenziale per collegare le due Italie e colmare l’atavico gap economico ed infrastrutturale tra Sud e Nord, rimane un privilegio esclusivo del Centro-Nord, fortino inespugnabile del settentrione con tanti saluti alle Due Sicilie.
“Connettere la Sicilia all’Italia è un obiettivo irrinunciabile” ha detto Faraone ma si fa fatica a capire quali siano poi in concreto le “opere stradali, portuali e urbane” che verranno realizzate. Si parla della direttrice Napoli-Palermo, che prevede l’alta velocità di rete Salerno-Reggio Calabria, e poi la direttrice Catania-Palermo e l’attraversamento dello Stretto “attraverso opzioni stabili” (?) ma i fondi sono una chimera e sulla portualità il rischio è che gli approdi messinesi vengano pure relegato al ruolo di copri-voragini, per colmare cioè il deficit economico e strutturale del porto di Gioia Tauro.
Il grande equivoco rimane, in ogni caso, il Ponte sullo Stretto, sinora costato vagonate di soldi per il nulla, con uno spreco ciclopico di risorse nell’interminabile alternarsi di politiche sul modello Lazzaro, tra “avanti tutta” e “dietrofront“. Per arrivare persino all’assurdo paradosso del dover valutare se fare un ponte o un tunnel. E allora i siciliani, pronti a replicare alle Regionali di novembre lo tsunami del Referendum, si chiedono se davvero nella capitale qualcuno pensa o si illude ancora che da queste parti sia la terra dei Balocchi.
“Ed in Sicilia è stato appaltato o esistono studi di fattibilità solo per il doppio binario con le vecchie gallerie e non le nuove gallerie, le pendenze e la linearità necessarie per l’alta velocità. Ed a conferma di ciò ricordiamo che Delrio a Messina ha detto che si procederà tra Messina, Catania e Palermo a 200 km/h entro il 2030. L’alta velocità invece sta sopra i 270 km/h. E le risorse economiche stanziate sono sufficienti a coprire meno del 20% dei progetti. Senza dimenticare l’inaspettato stop del Governo al progetto di allungamento delle piste dell’aeroporto di Catania, che avrebbe consentito l’arrivo dei voli intercontinentali. Per tutte le considerazioni appena espresse, il movimento Capitale Messina e la Rete per le Infrastrutture promuovono un incontro, che avrà luogo a Messina sabato 29 aprile alle 9.30 presso la ex Chiesa S.Maria Alemanna, con l’intento di reclamare ad alta voce pari opportunità di sviluppo per la nostra isola e la nostra città. All’appello hanno aderito Confindustria, Confesercenti, Confimprese, Cgil, Cisl, Uil, Ordine degli Architetti, Ordine degli Ingegneri, Ordine degli Avvocati, Ordine dei Commercialisti. E dall’occasione si intende promuovere una mobilitazione permanente di tutte le forze sociali e politiche che hanno a cuore le sorti del nostro territorio.È arrivato il momento di pretendere, non più chiedere!”.




