Sarà con molta probabilità un commissario ad acta a determinare l’ammontare del mancato utile che la Regione siciliana dovrà sborsare al raggruppamento d’imprese Cimolai e Metalmeccanica Agrigentina, a seguito delle revoche applicate nel 2015 sull’aggiudicazione dei lavori di ristrutturazione dei bacini galleggianti di carenaggio (19.000 e 52.000 tonnellate) che si trovano al porto di Palermo.
Dopo dieci anni dai bandi di gara per aggiudicare i lavori, per una cifra complessiva di circa quaranta milioni, la soluzione sembra ancora lontana, con le imprese che hanno chiesto un ristoro di circa dieci milioni di “mancato utile” (aspetto riconosciutogli nel 2019 dalla sezione giurisdizionale del Consiglio di giustizia amministrativa, che ha accolto il ricorso in appello presentato dalle imprese e ha ordinato alla Regione di formulare un offerta risarcitoria entro 180 giorni), e con la Regione che invece è disposta ad offrire una cifra decisamente inferiore: un milione di euro.
In questi anni, le imprese difese dall’avvocato Salvatore Falzone, non hanno mollato. Nell’estate del 2020, e poi anche lo scorso ottobre, hanno inviato al dipartimento regionale alle Attività produttive la relazione dei loro conteggi per il mancato utile, la stessa presentata in appello al Cga.
Lo scorso aprile, dalle Attività produttive è arrivata l’offerta risarcitoria di un milione, determinata dai conteggi di un gruppo di lavoro interdipartimentale, nominato a novembre 2019 dalla Giunta regionale, su proposta dell’assessore regionale alle Attività produttive.
“La cifra che la Regione vorrebbe offrirci è appena un decimo della nostra richiesta di risarcimento per il mancato utile – dice l’avvocato Falzone –. A questo punto, non ci resta che richiedere un giudizio di ottemperanza con la nomina di un commissario che determinerà l’importo che ci spetta“.
LA VICENDA
L’ATI Cimolai/Meccanica Agrigentina, dopo una interminabile guerra di carte bollate durata diversi anni contro Fincantieri ed Ergo Meccanica, aveva avuto aggiudicate le due gare per la ristrutturazione dei due bacini galleggianti di proprietà della Regione, ormai in disuso, recentemente vandalizzati e ostacolo alla navigazione delle grandi navi da crociera.
Nel 2015 però la Regione Siciliana, dopo aver dichiarato il “mutamento della originaria situazione di fatto e il sopravvenuto motivo di pubblico interesse“, decise di revocare le aggiudicazioni e puntare sulla costruzione di un nuovo bacino galleggiante di 80mila tonnellate, finora mai realizzato. Una decisione contestata dalle imprese, che ha visto soccombere la Regione al pagamento dei danni e delle spese processuali.