Sarà sicuramente una figura gentile, ma Fabrizio Micari, alla vigilia del voto di domenica prossima, parafrasando la storica frase della radiocronaca di Mario Ferretti su Fausto Coppi è un uomo solo. E non al comando.
Dopo la visita-lampo a Catania di Renzi, l’ex premier e segretario del Pd è volato a Chicago da Obama, mentre da Lotti a Delrio, non sono mancati i malesseri di giornata che hanno fatto slittare le ultime discese in Sicilia a sostegno del candidato del centrosinistra.
Il redde rationem tra i DEM, con Faraone chiamato a rendere conto, comincerà presto lunedì prossimo, dopo che i risultati metteranno in fila torti e ragioni, colpevoli e vittime, carnefici e mandanti. La scommessa non solo siciliana, di cui la Sinistra di Claudio Fava è un importante strumento, di mettere in crisi la leadership di Renzi, è pienamente in campo.
Serviranno fino a un certo punto le narrazioni minimizzate che l’area renziana, determinante e responsabile in Sicilia di tutte le scelte più importanti, proverà ad abbozzare.
ll Pd nel 2012 arrivò al 13,4 per cento, a cui si aggiunse il 6,2 circa della lista personale del candidato presidente. Una spinta significativa venne dai centristi dell’Udc che ottennero quasi l’11 per cento. In totale il centrosinistra andò al governo della Regione con il 30,47 per cento. Di questo quasi il 20 era da attribuire al Pd più la lista Crocetta. Micari, il candidato del centrosinistra è sostenuto, oltre che dal Pd, dal sindaco di Palermo Leoluca Orlando. Lo appoggiano i centristi di D’Alia e Alfano che danzano pericolosamente sulla soglia di rappresentanza del 5%.
Se la somma delle varie sigle fosse inferiore al 20 per cento, rispetto al 30,5 del 2012, una profonda aria di disfatta potrebbe incombere sul centrosinistra siciliano.
L’ottimismo renziano insomma, comodo e di facciata in questo momento, necessita di un tracollo da evitare se si vuole ottenere che a Roma, in via del Nazareno, nulla cambi. Altrimenti potrebbero crearsi le condizioni di una valanga poco gentile negli assetti generali.
Questo il parallelo romano. E in Sicilia? Una profezia facile da fare riguarda Leoluca Orlando. Dopo avere preteso la nomination del rettore palermitano, il disimpegno visibile e percepito di Crocetta e non avere fatto alcuna lista con i sindaci e i territori, il sindaco di Palermo attaccherà per primo, provando a togliere il tempo a tutti. Al Pd siciliano in primis, affaccendato a incassare i colpi.
Crocetta fino a questo momento ha contato fino a un milione, mordendosi la lingua e aspetta da Renzi un feedback diretto che lo riguarda nel suo coinvolgimento di ruoli e visibilità. Ma da domani anche per lui l’obiettivo di restare della partita non sarà semplicissimo da raggiungere.