Dopo l’approvazione della Finanziaria da parte della maggioranza (35 voti favorevoli, ma anche due astenuti, i deputati di Sicilia Futura) il cammino del governo in Ars è ancora in salita e lontano dal concludersi.
Il ‘collegato’, collage di norme stralciate e care all’esecutivo regionale e alla maggioranza di centrodestra, incombe e sarà trattato quanto prima. Occorerà pertanto uno sforzo supplementare di coesione, dopo la desistenza attiva di Cateno De Luca e Vincenzo Figuccia, che nella sessione di Bilancio non hanno fatto nè melina, nè ostruzionismo, evidentemente soddisfatti del proprio contributo dato ai contenuti della legge messa in campo dal governo.
Tra i commenti alla Finanziaria, le definizioni più generose, ‘marchettificio’ una per tutte, non alterano il quadro di quello che in fondo è successo.
Il Coniglio “2.0”, la regata velica, il rally di Sicilia, al centro delle norme più contestate, quasi ‘ad personam’, oggi riempiono di stupore e facile giudizio, solo i dotati di scarsa memoria. Quanti cioè hanno dimenticato le notti che, in passato, si concludevano all’Ars con albe non meno colpevoli di accordi mirati e frutto di spartizioni col bilancino, dopo che la mattinate e i pomeriggi erano passati infruttuosi col sottofondo della piazza del parlamento vociante degli ex Pip e dei precari che chiedevano la stabilizzazione e che ieri l’hanno ottenuta.
“Avevamo fatto una finanziaria di soli 35 articoli. La manovra finanziaria è frutto del lavoro di tutto il Parlamento che l’ha voluta così e io rispetto la volontà del Parlamento”, si era sfogato Musumeci. non nascondendo che il resto era opera della rimodulazione che il parlamento aveva messo in campo. Ma il resto, comunque sia, e qualsiasi provenienza o aggiustamento l’abbia determinato, c’è stato. È stata l’applicazione pratica, piaccia o no, doverlo riconoscere, della ‘politica dei territori’ di cui per primo il PD si è riempito la bocca. A partire dall’ex sindaco di Ragusa Nello Dipasquale.
Molti dei suoi interventi hanno spostato l’asticella e il baricentro di articoli ed emendamenti. Ma non è stato il solo, tra i DEM, (renziano di casacca, ma forzista e democristiano di provenienza) a incalzare, anche con metodo, governo e maggioranza. Il PD ha fatto il suo lavoro di opposizione, senza rinunciare insomma a stare alla finestra per portare a casa, a suon di emendamenti, il migliore risultato possibile. Ci sta anche questo.
I 5stelle non hanno fatto mistero di non volere interloquire con i metodi e i contenuti dell’esecutivo di centrodestra. Ha fatto eccezione, nel bel mezzo del dibattito d’aula, Gianina Ciancio: “da come sarà affrontata la sessione di bilancio da parte dell’esecutivo dipenderà il tipo di interlocuzione possibile sui grandi temi e la valutazione che faremo se sederci o meno a discutere sui grandi temi”. Le sue parole, in occasione della discussione generale, non sono rimaste inosservate, ma oggi di collaborazione pentastellata in prospettiva, non c’è traccia.
Insomma, il governo che non ha una maggioranza d’Aula non ha voluto (potuto) mostrare i muscoli. Sarebbe stato un rischio forse alto, con annesso un atteggiamento improduttivo. Ma di questo passo la stagione delle riforme che Palazzo d’Orleans ha annunciato, o nasce con la volontà di tutti all’Ars o muore di parto.