È prevista per domani, martedì 7 maggio 2025, l’attesa riunione tra il deputato regionale Ismaele La Vardera e l’assessore regionale alla Salute Daniela Faraoni. Sul tavolo, una delle denunce più esplosive degli ultimi anni in ambito sanitario in Sicilia. A innescarla, il coraggio di Francesco Paolo Caronia, dirigente medico dell’U.O. di Chirurgia Toracica dell’Arnas Civico di Palermo – nome svelato dal programma Tv “Le Iene” – che ha scelto di raccontare quello che – a suo dire – avviene quotidianamente all’interno del proprio reparto e che sarà presente all’incontro.

Le accuse sarebbero circostanziate e fondate su documenti, registrazioni e riscontri già trasmessi da La Vardera all’autorità giudiziaria. Si parlerebbe di operazioni chirurgiche eseguite senza reale necessità clinica, cartelle cliniche falsificate per gonfiare i rimborsi, accessi privilegiati che aggirerebbero le liste d’attesa e – soprattutto – pazienti deceduti a causa di interventi evitabili o di gravi ritardi nella gestione terapeutica.
Il caso è esploso pubblicamente nei giorni scorsi. L’ex inviato delle Iene e oggi parlamentare dell’Ars – ha pubblicato un video, sui suoi canali social, in cui il medico, ai tempi, con voce camuffata e volto coperto, denuncia una situazione “raccapricciante” all’interno del proprio reparto. “Ho deciso di parlare perché non posso più convivere con questo silenzio. Ho consegnato documenti, prove audio e fatto nomi e cognomi in Procura”, ha dichiarato il chirurgo, che ha riferito di aver registrato conversazioni con il proprio primario.
Al centro dell’inchiesta ci sarebbe – come viene raccontato – “un sistema radicato di pratiche irregolari”, una sorta di “illegalità strutturale” che avrebbe trasformato la gestione del reparto in “una macchina che mette a rischio la vita dei pazienti” e che “mina alle fondamenta l’integrità del Sistema Sanitario Nazionale”.
Il sanitario aveva deciso di non mostrare il volto, né di rivelare pubblicamente la propria identità, ma la sua voce – pur camuffata – ha raggiunto migliaia di persone tra social e interviste televisive.
“Ho registrato ore di conversazioni con il mio primario – racconta il medico – e ho raccolto documenti che dimostrano gravi violazioni deontologiche e giuridiche commesse in modo sistematico. Hanno sottoposto alcuni pazienti a interventi chirurgici non necessari. Hanno operato altri troppo tardi, provocando conseguenze fatali”.
Uno degli episodi più scioccanti è quello di una donna di 37 anni, madre di due bambini, morta dopo un’operazione che, secondo quanto riferito dal chirurgo, poteva e doveva essere evitata.
“Bastava una biopsia – spiega – ma si è scelto di portarla in sala operatoria. L’intervento ha provocato complicazioni che l’hanno condotta alla morte. Dopo, l’istologico ha rivelato che si trattava di una patologia curabile. L’abbiamo persa inutilmente”. A rendere la vicenda ancora più inquietante, un audio registrato. Alcuni membri dell’équipe sembrano ammettere responsabilità. In sottofondo, una frase: “Fortunati che non ci ha denunciato”.
Il medico aggiunge un altro dettaglio. Secondo lui, l’équipe avrebbe convinto la famiglia a non sporgere denuncia. Avrebbero insinuato che la colpa fosse della paziente. “È arrivata troppo tardi”, avrebbero detto con malizia.
Secondo la testimonianza, il caso della 37enne non sarebbe isolato. Il dottore ha dichiarato di aver raccolto e segnalato oltre 270 episodi sospetti, compresi interventi eseguiti senza reali indicazioni, morti sospette e gravi irregolarità amministrative. “Alcuni pazienti deceduti – ha detto – sono stati formalmente dimessi con la dicitura ‘uscito contro il parere dei sanitari’, per evitare responsabilità e controlli. In altri casi, sono state falsificate le diagnosi per ottenere rimborsi maggiorati dal Sistema sanitario nazionale”.
Il caso politico
La denuncia è già nelle mani della magistratura, ma ha innescato anche un terremoto politico. La Vardera, intervenendo in un’Aula dell’Assemblea Regionale Siciliana quasi deserta, ha puntato il dito contro il silenzio del presidente Renato Schifani e invocato un’azione immediata da parte del Ministero della Salute: “Questa storia non può essere insabbiata. Ringrazio il medico che ha trovato il coraggio di esporsi. Mi auguro che la Regione lo protegga. Non possiamo tollerare che chi denuncia venga lasciato solo, o peggio, perseguitato”.
In quell’occasione, l’assessore Faraoni ha manifestato disponibilità ad approfondire la vicenda e ha accettato un incontro formale con il medico. L’appuntamento di domani rappresenta dunque un passaggio decisivo: si attendono risposte chiare e provvedimenti concreti.
La Vardera è stato netto: “Serve un’ispezione ministeriale urgente. Serve protezione per chi ha il coraggio di parlare. E soprattutto serve giustizia: per le vittime, per le famiglie, per tutti i cittadini. Questa non è una battaglia politica, è una questione morale. E davanti a tutto questo, chi tace è complice”.
Nel frattempo, il medico continua a lavorare nello stesso reparto, fianco a fianco con le persone che ha denunciato. “Vivo in un clima di mobbing totale”, ha riferito, “un isolamento alimentato dalla permanenza ai vertici degli stessi soggetti coinvolti.” Una condizione che rende ancora più urgente un intervento deciso, non solo sul piano giudiziario, ma anche istituzionale.
Domani sarà un banco di prova per la politica regionale: un momento in cui chi guida la sanità siciliana dovrà dimostrare se è disposto ad ascoltare, ad agire, e a schierarsi dalla parte della verità.