Passeggiare per Trapani, scoprire le sue eccellenze gastronomiche, ammirare le meraviglie dalla storia millenaria e, perché no, fare un salto al parco archeologico di Selinunte per poi imbattersi in un’area predisposta all’accoglienza di scorie nucleari. Grosse linee è proprio questo che potrebbe accadere a nel territorio Trapanese. Nella terra dove è già un rebus smaltire i rifiuti quotidiani potrebbero presto arrivare anche quelli radioattivi.
Nelle ultime ore non si parla di altro e la notizia non è stata certamente accolta nel migliore dei modi. “La città non è interessata a candidarsi per ospitare rifiuti nucleari, e si opporrà a qualsiasi iniziativa autoritaria da parte di terzi enti, sia a livello regionale che nazionale“. Sono queste le parole a caldo del sindaco di Trapani Giacomo Tranchida che con prontezza ha espresso tutta la sua contrarietà all’annuncio arrivato direttamente da Roma. A far trapelare la notizia è stato lo stesso ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica pubblicando sul proprio sito l’elenco delle aree idonee per il deposito nazionale delle scorie nucleari, contenuto nella Carta Nazionale delle Aree Idonee (Cnai). Il documento, caricato da Sogin, la società nazionale responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi prodotti dalle attività industriali, di ricerca e di medicina nucleare, e Isin, l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, individua 51 locazioni possibili. Due di queste proprio in Sicilia e a pochissimi chilometri di distanza l’una dall’altra: Fulgatore-Trapani e Calatafimi-Segesta.
La decisione arriva come un fulmine a ciel sereno non solo per l’Isola, “graziata” con “sole” due aree, ma soprattutto per tutta una specifica area della penisola. Da Viterbo in su sono solo 5 le aree indicate e tutte ad Alessandria. Metà Italia potrebbe così trasformarsi nel cimitero delle scorie radioattive.
La rivolta è già in atto. “E’ una violenza per il nostro territorio. Siamo nettamente contrari con questo tipo di decisione. In Italia non produciamo scorie radioattive. Cioè significherebbe smaltire le scorie di altri paesi come la Francia“. E’ questa la posizione netta del segretario provinciale della Uil Trapani Tommaso Macaddino che ha inoltre sottolineato le peculiarità contrastanti del territorio “vocato al turismo, all’agricoltura, alla pesca e già con suoi problemi da affrontare. Qualsiasi beneficio economico non basta a salvaguardare la salute delle persone“.
Il progetto prevede la costruzione di 90 edifici in calcestruzzo armato speciale da 27×15,5×10 metri di dimensioni che verranno riempiti con migliaia di “moduli” al cui interno verranno inseriti centinaia di migliaia di fusti radioattivi. Il tutto verrà poi coperto di terra per creare una collina artificiale di circa 10 ettari di estensione, circondata da altri 140 ettari di terreno sorvegliato dai militari per evitare attacchi terroristici e furti di materiale nucleare.
La paura è più che condivisibile. Per essere smaltiti i rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività richiedono un periodo di circa 300 anni. Un lasso temporale che si estende anche fino a migliaia di anni per le scorie a media e alta attività. Visti i gravissimi danni che possono causare all’ambiente ma anche alla salute umane, con malattie come la leucemia o gravi patologie del sistema nervoso, tali rifiuti richiedono un trattamento specifico e molto minuzioso. Le preoccupazioni sono anche legate agli eventi storici che hanno tristemente segnato il territorio, come il drammatico terremoto del Belice, a circa 50 km da Segesta o Fulgatore, zone dunque ad alto rischio sismico.
Intanto i sindacati sono pronti a riunirsi, per capire quali iniziative mettere in campo, e fare muro. “Vorremmo sapere questi criteri ma non siamo stati convocati. Non conosciamo modalità e condizioni per le quali sono state fatte queste scelte. E’ grave – conclude Macaddino – che in maniera autonoma il Governo, immagino con l’ok del governo regionale, stia commettendo questa grande macelleria sociale. E’ una mancanza di rispetto verso le persone che abitano in questo territorio“.