“La Regione siciliana paga troppi dipendenti poco qualificati e assunti con criteri non meritocratici“. L’ennesima denuncia arriva dalla sezione Autonomie della Corte dei Conti in un corposo capitolo della Relazione 2019 sulla spesa per il personale degli enti territoriali nel triennio 2015-2017 ora diffuso dal Centro Pio La Torre.
“La Corte dei Conti segnala una riduzione complessiva della spesa netta che tuttavia avviene in misura meno che proporzionale rispetto alla riduzione della consistenza del personale, con un conseguente aumento della spesa media specie nelle posizioni apicali – spiega l’economista Franco Garufi – . Alla fine del 2017 gli impiegati erano 14.921, un esercito più numeroso dell’intera area Nord che ne contava 14.418. La denuncia, mai ascoltata: assunzioni clientelari e non di merito. Risultato: uffici pieni e inefficienti“.
Nell’isola tra il 2015 e il 2017 i dirigenti regionali sono scesi da 1.692 a 1.350, mentre il personale non dirigenziale è diminuito da 15.365 unità a 13.571. In totale nel 2017 la Regione siciliana contava 1.4921 dipendenti, con una variazione in negativo del 12,52 % rispetto al 2015 (la diminuzione media del personale nelle RSS è stata del 6,76%). La Sicilia conta 2,97 dipendenti regionali ogni 1.000 abitanti; un dato leggermente superiore alla Sardegna (2,37), ma distante anni luce dalla Lombardia che ne ha appena 0,33.
La spesa per il personale è scesa da 661.362.000 di euro nel 2015 a 577.641.000 nel 2017, pari al -12,66%; in tale ambito la spesa per i dirigenti è diminuita da 135.131.000 euro a 115.876.000, mentre quella per il personale non dirigenziale è passata da 507.744.000 a 443.740.000 euro. L’impegno di spesa per il personale con contratti flessibili, che ha una consistenza media pari a 598 unità si è mantenuto sostanzialmente stabile: 17.747 000 euro nel 2017 a fronte di 17.786 nel 2015. La contrazione della spesa per il personale della Regione è stata pari a 4,5 punti percentuali, cioè 37 milioni di euro, di cui 29 per retribuzioni e 7 per oneri sociali.
La Corte tuttavia rileva che “la spinta alla contrazione della spesa appare già in via di esaurimento ed i risparmi conseguiti sui redditi di lavoro dipendente per effetto delle cessazioni, pur significativi nel più recente trend storico, si rivelano, in gran parte, compensati poiché a fronte del decremento della spesa per retribuzioni si registrano, ora, importanti incrementi di spesa per le pensioni”.