Appena l’8% del territorio siciliano è effettivamente boscato, contro una media nazionale del 38%. Una fragilità strutturale che si somma a un primato negativo che guida l’Isola nella triste classifica italiana per superfici percorse dal fuoco (CLICCA QUI). A certificarlo è il lungo e dettagliato report del WWF Sicilia “Incendi vs Forestazione” (2023), che descrive un quadro drammatico, fatto di boschi ridotti all’osso, incendi sempre più frequenti e un sistema regionale che investe più nello spegnere che nel piantare.
Dal dopoguerra alla paralisi verde
Nel secondo dopoguerra la politica forestale siciliana ha investito nei rimboschimenti, creando lavoro e difendendo il suolo, ma quello slancio si è ormai esaurito. Il processo di forestazione sembra fermo ormai da anni. I vivai sono chiusi e il Piano Forestale Regionale 2021–2025, seppur corposo, non contiene un vero piano di incremento dei boschi.
Eppure, l’Unione Europea ha fissato un obiettivo ambizioso, ovvero quello di piantare tre miliardi di alberi entro il 2030. Un obiettivo pensato proprio per quei territori che sono rimasti indietro, come la Sicilia. Ma la Regione ignora sistematicamente queste direttive. “Per forestazione – scrive il WWF – si intende l’incremento a medio e lungo termine della copertura boschiva. In Sicilia si potrebbe passare dal 10% attuale al 30% entro il 2040, con uno step intermedio del 6% in cinque anni. Ma non esiste alcuna pianificazione in tal senso.”
Nel frattempo, l’inventario forestale è diventato un terreno di ambiguità. Il WWF denuncia che la Regione fa riferimento a dati gonfiati del proprio inventario del 2009, anziché ai più attendibili dati nazionali del 2015. E gli incendi, che hanno devastato migliaia di ettari di conifere mediterranee (55.000 ettari sotto i 1.200 m s.l.m.), non sono nemmeno registrati nei dati ufficiali, grazie a un’interpretazione distorta della legge regionale 16/1996: “Anche un bosco morto viene ancora considerato tale, come se potesse rivegetare,” si legge nel dossier.
Il paradosso è completo se si guarda al “sistema antincendio”. In Sicilia il processo di forestazione è inesistente, ma il sottosistema che dovrebbe supportarlo ovvero quello dell’antincendio, a detta del report del WWF, assorbe miliardi di euro. Un sistema che brucia risorse, ma non produce risultati. Secondo il WWF, questo “falso processo” è diventato una macchina clientelare e assistenzialista, che garantisce consenso e impieghi, ma non foreste.
Incendi dolosi e costi esorbitanti
Una visione in parte diversa, ma complementare, è quella di Salvo Cocina, direttore della Protezione civile regionale, che in una nostra precedente intervista (CLICCA QUI) ha sottolineato come “il problema non sia ambientale, ma di ordine pubblico”, richiamando la necessità di una presenza fisica capillare e di una mobilitazione sociale contro l’omertà.
Un dato particolarmente significativo riguarda i costi del personale forestale in Sicilia: si spendono circa 1.000 euro per ettaro, a fronte di appena 43 euro per ettaro nel resto d’Italia. Gli operai forestali siciliani rappresentano circa un terzo del totale nazionale, ma i risultati sul fronte della gestione e manutenzione delle foreste sono praticamente nulli. Inoltre, la Regione è sotto la minaccia di una procedura d’infrazione da parte della Commissione Europea, avviata a causa del prolungamento oltre i limiti consentiti dei contratti a tempo determinato. Questo contenzioso potrebbe tradursi in un maxi risarcimento che, secondo alcune stime, potrebbe superare il miliardo di euro.
Una possibile via d’uscita?
Secondo il WWF, la Sicilia può ancora invertire la rotta, ma servono cambiamenti profondi. Nel report si sottolinea la necessità di creare un’unica struttura regionale snella ed efficiente, capace di superare l’attuale frammentazione, e di sostituire la logica della sola emergenza con una strategia di forestazione e cura del territorio. L’associazione evidenzia inoltre che occorre garantire trasparenza nei bilanci, così da ricostruire la fiducia dei cittadini, e selezionare personale realmente qualificato, libero da logiche politiche.
Questi suggerimenti, pur apparentemente semplici e lineari, rappresentano un percorso complesso e ambizioso che coinvolge molteplici livelli istituzionali e sociali. La loro efficacia non dipende solo dalla bontà tecnica delle proposte, ma soprattutto dalla capacità politica di tradurle in azioni concrete e sostenibili nel tempo. Difficile non concordare sul fatto che senza una volontà politica decisa e senza un approccio realmente trasparente, ogni riforma rischia di rimanere sulla carta, condannando ancora una volta la Sicilia a una gestione frammentata e inefficace del suo patrimonio naturale. E senza un impegno serio nella piantumazione di nuovi alberi e nell’ampliamento della copertura verde, l’isola resterà priva di quel presidio naturale capace di ridurre il rischio incendi e di garantire un futuro più stabile ai suoi ecosistemi.