Nel volume si scoprono le emozioni e i racconti dei militari siciliani, impegnati con le divise dell’esercito italiano, durante il primo conflitto mondiale, il cui centenario di ricorrenza si concluderà l’anno prossimo.
“Sono fonti sulla guerra prodotte mentre questa era in corso di svolgimento – spiega Carlo Verri – e sono un caso esemplare di quelle che Petrucci chiama «lettere straordinarie», epistole scritte e inviate in situazioni eccezionali da soggetti per differenti motivi: «sradicamento forzato dalla famiglia, condizioni di angoscia o di costrizione, di timore o certezza di morte imminente».
Oltre il sentimento “politico”, di un drappello di ufficiali che scoprirono così sul fronte il valore dell’identità nazionale, nel libro di Riccio e Verri c’è anche spazio per la ritualità. “Gli uomini e le donne di cento anni fa percepirono subito la portata del fenomeno epistolare in guerra e lo utilizzarono per fini a varia caratterizzazione, con un facile slittamento dalla sfera privata a quella pubblica. Al fronte, la corrispondenza ricevuta può divenire indispensabile non tanto per il contenuto informativo che trasmette, ma come oggetto in sé che si carica di una valenza apotropaica: viene creduto capace di benefici effetti protettivi sulla propria sorte“.
Il testo, oltre al suo intrinseco valore storico e documentaristico, consente di comprendere quel che accade oggi, non soltanto in Sicilia, con la nuova ventata di “autonomismo” non si sa quanto ipocrita e quanto speculativo, ma anche in Italia e in Europa, con la rivincita degli “ismi” a lasciar trasparire voglia di autoritarismo.
Così spiega Verri, in conclusione del suo lavoro: “con lo sguardo rivolto al nostro presente, nel quale i movimenti nazionalisti ovunque dimostrano vitalità, si ritiene che studiare quest’ideologia da una prospettiva storica sia importante, anche per mostrare come essa nella morfologia e nel funzionamento di base si mantenga più o meno inalterata in età contemporanea“.
Secondo lo studioso, infine, ancora oggi “il termine di patria/nazione – con i suoi discorsi e riti – non sembra staccarsi facilmente da alcuni contesti ed argomenti originari del passato: ancora oggi spesso rinvia ad immagini di «parentela» e «discendenza di sangue », a una «memoria storica esclusiva e selettiva», a «narrazioni belliciste e maschiliste». Si tratta delle stesse figure e categorie presenti nelle carte qui edite risalenti alla Prima guerra mondiale, che non possono contribuire positivamente a connotare l’identità della Repubblica“. E questa non è una bella notizia.
Per Salvatore Savoia (Società di Storia Patria), “nel centenario di Caporetto, che segnò forse il momento di maggiore asprezza nella lunga e drammatica epopea della terribile prima guerra mondiale, l’opera di Elena Riccio e Carlo Verri si caratterizza per l’ approccio insolito e per l’efficacia della ricerca effettuata. Mi piace sottolineare che il materiale di ricerca è stato rinvenuto tra i fondi documentari della Biblioteca della Società Siciliana per la Storia Patria, che vuole con questa presentazione rendere merito a chi lo ha voluto, ed insieme ricordare, sfuggendo da ogni retorica, una pagina aspra e dolorosa della nostra storia recente“.