A chi continua a lamentarsi che la Sicilia non ha più voce in capitolo nelle scelte del governo nazionale, come dimostra la vicenda della nomina dei ministri e dei sottosegretari, ribadiamo che non ha più voce perché non ha più una testa, una guida, una classe dirigente autorevole dotata di una visione e di un progetto politico.
La crisi del sistema politico siciliano, che è innanzitutto crisi della Regione e dell’Autonomia, ha determinato una involuzione del ruolo dei partiti sempre più assoggettati ai partiti nazionali di cui sono una articolazione periferica e subordinata.
Una conferma l’abbiamo avuto dalla vicenda del Recovery Fund la cui impostazione, complessivamente, per la ripresa punta sulle aree più forti del paese e non prevede il Sud come l’area su cui puntare per accelerare e indirizzare il rilancio dell’economia riducendo la dualità tra Nord e Sud.
I partiti in Sicilia sono, infatti, come direbbe il poeta Giuseppe Giusti, “in tutte altre faccende affaccendati a questa roba son morti e sotterrati”.
Il centrodestra è alle prese con il riposizionamento delle singole forze politiche e con i problemi sollevati dalla gestione della pandemia che ha scoperchiato i gravi problemi della sanità siciliana con la sua mala gestione, gli sprechi e le inefficienze e su cui stanno già indagando gli organi di controllo.
Il centrosinistra, a cui recentemente si sono aggregati i grillini, sta facendo i conti con dimissioni, lotte intestine e scissioni già in atto o minacciate.
Al silenzio assordante della politica regionale si aggiunge quello della rappresentanza delle forze sociali, a cominciare dalla Confindustria e dalla Confcommercio, più interessate ad ottenere ristori che non serviranno a niente se non si rimette in movimento lo sviluppo dell’economia. Nessuna proposta, nessun rilievo, nessuna mobilitazione da parte del mondo dell’impresa e anche del lavoro per richiedere un cambio di direzione del Recovery.
In questo deserto però, come ci informa il Sicilia.it, è venuta fuori una novità che fa ben sperare. Si è levata forte la voce dei sindaci che hanno costituito una Rete del Sud che in Sicilia è coordinata dal bravo sindaco di Castelbuono, Mario Cicero.
L’iniziativa cui hanno già aderito 50 sindaci siciliani si propone di “bypassare” la Regione, considerata un ostacolo poiché la sua incapacità strutturale rischia di vanificare il Recovery Fund.
I sindaci, inoltre, chiedono nuove linee di investimento collegate a strumenti idonei per attuare i progetti esecutivi da finanziare, con una denuncia molto precisa: “Oltre al danno rischiamo la beffa. Mentre l’Europa mette in campo risorse per appiattire le diseguaglianze, c’è chi lavora per aumentarle”.
Questo segnale forte di cambiamento offre l’opportunità alle associazioni degli imprenditori e ai sindacati di recuperare il loro ruolo di rappresentanza e di realizzare un patto, un’alleanza in grado di incidere sulle scelte del governo di Roma. L’obiettivo è di ottenere decisioni rapide e coerenti a sostegno dello sviluppo locale, un progetto che sinora al Sud è mancato. Questa alleanza potrà, infine, riproporre il grande nodo che nessuno vuole affrontare: la riforma della Regione.
In tal senso occorre realizzare un federalismo interno, attraverso la riforma dello Statuto, per trasferire ai Comuni e ai loro consorzi, come previsto dallo stesso Statuto, competenze e risorse in un nuovo quadro istituzionale. La Regione non deve gestire più niente, né beni e servizi, attività che dovrebbe essere preclusa per Statuto.
La Regione non dovrebbe, inoltre, più operare come soggetto che distribuisce risorse fra gruppi sociali più meno casualmente individuati o più protetti politicamente e sindacalmente e spesso destinate al proprio apparato per riprodurre se stessa.
La Regione dovrebbe limitarsi a delineare con il concorso dei Comuni e delle forze sociali il progetto generale di sviluppo su cui concentrare tutte le risorse disponibili e assicurare alle imprese e al mercato e mercato le condizioni per uno sviluppo endogeno e per attrarre nuovi investimenti esterni. Ai Comini il compito di governare i processi locali dotandoli delle necessarie infrastrutture materiali e immateriali.
Può essere l’occasione questa iniziativa dei sondaci per riaccendere una stagione di speranza per il futuro della Sicilia.