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L'intervista

“Sindaci, pronto soccorso dell’anima, ma non lasciamoli soli”

martedì 11 Luglio 2023

Mario Emanuele Alvano, segretario generale di Anci Sicilia, a 30 anni di distanza dalla riforma che ha introdotto l’elezione diretta dei sindaci e poi dei presidenti della Regione, qual è la situazione dei primi cittadini nell’Isola?

“I sindaci oggi rappresentano, ancora più del passato, il “presidio più prossimo ai bisogni immediati delle persone” come ha autorevolmente affermato il presidente della Repubblica. In molti casi sono la sola Istituzione con la quale il cittadino può avere un confronto diretto, un contatto umano, potendoli guardare negli occhi e stringergli la mano. Le altre figure istituzionali spesso sono lontane, lontanissime, rese evanescenti da un meccanismo elettorale sganciato dall’idea stessa del mandato che sta alla base della democrazia indiretta. Quanti cittadini votano pensando a ciò che i deputati sono chiamati a fare in Parlamento, a quali proposte di legge presenteranno? Il voto attribuito ai candidati sindaci è rimasto l’unico attraverso il quale si può ancora esprimere una scelta sulla capacità di governare. Questo trova ulteriore conferma nel fatto che alle ultime regionali numerosi deputati sono stati eletti proprio in quanto amministratori locali. Hanno riscontrato l’apprezzamenti dei cittadini non tanto per le loro proposte ma per quello che avevano già saputo realizzare nel territorio”.

Quanto del percorso di razionalizzazione amministrativa è stato accelerato dal meccanismo e che in che cosa è migliorata l’agibilità dei Comuni?

“L’elezione diretta ha favorito nel corso degli anni, progressivamente, percorsi amministrativi sganciati da logiche partitiche e plasmati, soprattutto nel corso del secondo mandato, su una specifica idea di come fare progredire quella determinata comunità. Percorsi improntati su una visione di sviluppo e su un rapporto diretto con il cittadino che non ha bisogno di intermediazione politica. Grazie a questa logica in tantissime realtà si è riuscito a far cambiare il volto dei territori. Se chiudiamo gli occhi e proviamo a ricordare i luoghi della nostra infanzia o della giovinezza, se pensiamo come erano i comuni siciliani negli anni ‘80 e ‘90 comprendiamo subito la portata delle trasformazioni”.

 

La produttività dei governi locali in che termini ha beneficiato dell’equazione durata temporale- continuità amministrativa?

“Nonostante l’euforia delle campagne elettorali, la macchina amministrativa degli enti locali funziona come un motore a diesel di vecchia generazione: ha bisogno di tempo. In questo senso molti dei semi piantati possono germogliare solo grazie alla continuità amministrativa generata dall’elezione diretta. Per portare a compimento un progetto per le città servono parecchi anni e spesso solo grazie ad un secondo mandato consecutivo e perché no anche ad un terzo. È questa continuità che in molti casi diventa decisiva per imprimere processi virtuosi”.

Nella Prima Repubblica e fino al 1993 i governi a volte “cadevano” – con imboscate in consiglio comunale o anche all’Ars all’alba e l’equilibrio tra instabilità ed esigenze della politica era l’azionista di riferimento, oggi il cambiamento è apprezzabile? Ci sono controindicazioni?

Come dicevo la continuità amministrativa negli enti locali é un elemento decisivo per un buon governo. Ad essere onesti però il parallelo tra i comuni e il Parlamento siciliana funziona fino a un certo punto. certamente l’elezione diretta del presidente della regione è stato un fatto positivo e ha favorito la continuità amministrativa, ma questo non è un valore in se. La possibilità di condizionamento dell’assemblea regionale nei confronti del Governo è maggiore rispetto a quanto avviene a livello locale e influisce direttamente sulla qualità della legislazione e sulla capacità del parlamento regionale di attuare processi di riforma. Le logiche partitiche, se non personalistiche, al Parlamento regionale in molti casi sono sembrate particolarmente pressanti. In ambito locale invece, come dimostrano le recenti esperienze di Ragusa e Trapani, quando il contesto sociale è favorevole scatta un meccanismo di fiducia genuinamente fondato su una aspettativa di crescita della comunità. Una aspettativa inconciliabile con la logica delle appartenenze ed incomprensibile per chi ragiona solo basandosi su queste.

Ci sono correttivi o miglioramenti che è utile concepire nell’attuale dinamica istituzionale oppure anche in questo caso l’ottimo è nemico del buono?

“Una persona, molto più saggia di me, mi hai insegnato che modificare le leggi elettorali è sempre un rischio. Ancora più deprecabile è la tentazione – assolutamente trasversale – di voler modificare le norme tenendo conto di singole esperienze verificatesi in alcuni territori. Una insensata logica di rivalsa che non tiene conto del quadro complessivo e che in tanti casi produce risultati contrari alle aspettative.
Quello che va modificato invece è proprio il meccanismo istituzionale, il rapporto tra parlamento regionale ed enti locali. Occorre ricordare come la gran parte delle riforme approvate diverranno tali solo attraverso la capacità dei territori di dargli corpo. In assenza di un coinvolgimento più forte nel processo legislativo il rischio è che si continui a verificare quello cui abbiamo assistito per decenni: leggi che restano sulla carta. In molti casi proprio perché non pensate valutando prima e verificando dopo il loro impatto reale sui comuni. Le leggi servono se vengono attuate, diversamente si esauriscono in un mero, quanto non indispensabile, esercizio letterario”.

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