Spese pazze all’Ars? Ma quando mai. Se lo sarà sognato qualcuno. E così, dopo anni di processi e controprocessi si sgonfia uno di quegli scandali che per un bel po’ aveva riempito con fiumi d’inchiostro le colonne dei giornali: parliamo dell’inchiesta sulle cosiddette “spese pazze” all’Assemblea regionale siciliana, che oggi ha ricevuto dalla Corte di Cassazione un mezzo colpo di mannaia. E infatti, la sesta sezione della Cassazione ha rigettato la richiesta della Procura di Palermo di annullare l’archiviazione (disposta il 12 luglio del 2016 dal Gup Riccardo Ricciardi) di 11 deputati dell’Ars accusati di alcuni casi di peculato per i rimborsi spesa alla Regione Siciliana.
Cinque di loro escono, così, definitivamente dall’inchiesta perché erano stati prosciolti da tutti i casi che venivano loro contestati. Si tratta di Francesco Musotto, Nicola D’Agostino, Nunzio Cappadona, Marianna Caronia e Paolo Ruggirello.
Per gli altri sei i giudici hanno confermato l’assoluzione da alcuni casi di peculato, ma la loro posizione giudiziaria resta pendente perché ci sono altre ipotesi di peculato per cui li accusava la Procura dai quali non sono stati prosciolti. Sono i parlamentari Giulia Adamo, Rudy Maira, Giambattista Bufardeci, Livio Marrocco, Cataldo Fiorenza e Salvo Pogliese.
Stando così le cose, in pratica i giudici della Cassazione hanno definitivamente confermato un principio e cioè, i rimborsi contestati sarebbero leciti e dunque non andavano perseguiti per legge. Dunque, i parlamentari avrebbero fatto bene a farsi rimborsare le spese sostenute per acquisti e cene varie.
I pazzi, evidentemente, siamo noi cittadini, che se acquistiamo qualcosa la paghiamo regolarmente e nessuno ci rimborsa alcunché, visto che non si tratta di “spese istituzionali”, come vengono usualmente definite quelle parlamentari. O forse, siamo solo persone normali, che spendono il denaro con oculatezza.
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