Per una casuale ma singolare coincidenza l’anniversario di Via D’Amelio coincide con la sentenza del tribunale di Caltanissetta nel processo sul depistaggio delle indagini sulla strage.
Per due degli imputati è scattata la prescrizione mentre il terzo è stato assolto con il seguito di polemiche e le diverse valutazioni che la sentenza ha provocato confermando, tuttavia, che il depistaggio ci fu, tanto che si profila una nuova inchiesta e nuovi indagati.
Si conferma così come nei delitti di mafia non solo Cosa Nostra ricorre a sapienti depistaggi per confondere l’opinione pubblica, rallentare e intralciare le indagini, creare confusione e dubbi, ma al depistaggio ricorre anche lo Stato in nome dei cosiddetti “interessi superiori”, la famosa Ragion di Stato invocata e praticata per sottrarre alla verità responsabilità, collusioni e connessioni. Dalla strage di Portella delle ginestre, alla morte del bandito Giuliano scorre un lungo elenco di depistaggi fino all’assassinio di Peppino Impastato e di Paolo Borsellino e degli agenti di scorta.
Un grande contributo e un importante merito nello scoprire le colossali menzogne, le mezze verità, va riconosciuto alla stampa e ai giornalisti che hanno impedito con il loro impegno che su questi occultamenti della verità, a queste ferite della democrazia, calasse il silenzio. Ricordiamo il famoso incipit dell’articolo, del luglio del 1950, di Tommaso Besozzi dell’Europeo sulla uccisione di Salvatore Giuliano <<Di sicuro vi è solo che è morto >> agli innumerevoli servizi giornalistici, inchieste e pubblicazioni. Citiamo a memoria e a mo’ di esempio, scritti dieci anni fa, il libro di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza “L’agenda nera”, richiamando la famosa agenda rossa di Borsellino che non fu mai ritrovata e che diede il titolo a un altro libro dei giornalisti Francesco Viviano e Alessandra Ziniti “I Misteri dell’Agenda Rossa” a cui poi ne seguirono altri fino ai nostri giorni.
L’auspicio è che, al di là delle polemiche, questo anniversario che segue quello di Giovanni Falcone e che simbolicamente richiamano alla memoria tutti coloro i quali hanno sacrificati la loro vita per la nostra libertà opponendosi al disegno politico- terroristico di Cosa Nostra, si possa rilanciare l’azione antimafia, troppo spesso delegata alla magistratura e alle forze dell’ordine.
Si avverte, infatti, un calo di tensione dal momento che si ritiene che la mafia per i duri colpi ricevuti da parte dello Stato abbia perso la sua pericolosità.
Occorre, infatti, riprendere l’analisi e la riflessione sia sul versante della crisi che ha attraversato l’Antimafia sia sul versante dei cambiamenti che si stanno verificando in Cosa Nostra.
Le recenti indagini della magistratura ci dicono che sta cambiando strategia dopo la sconfitta del disegno terroristico di Riina. Oggi infatti in questo contesto prevalente non è l’attacco allo Stato ma all’economia.
La mafia sempre più cerca di mimetizzarsi inserendosi nei gangli economici vitali del paese, nelle aree del Nord dove si produce la ricchezza e investire, con l’ausilio dei cosiddetti colletti bianchi, le ingenti risorse derivanti dal traffico di droga.
A Palermo, al tempo stesso, le recenti indagini ci dicono come Cosa Nostra si stia ristrutturando e riorganizzando radicandosi sempre più nel territorio con cui si identifica. Un ritorno al passato, un tornare a insinuarsi nelle pieghe della società e sostituirsi all’assenza dello Stato offrendosi come punto di riferimento nelle aree più emarginate della città.
Una riflessione attenta va rivolta al proliferare del consumo di droga che non solo continua a rovinare la vita di tanti giovani e di tante famiglie ma sta coinvolgendo nello spaccio tante famiglie per disperazione e mancanza di lavoro. Interi nuclei familiari che non hanno nulla a che fare con la mafia si improvvisano spacciatori e che sono più ricercati dai fornitori, rispetto ai tradizionali spacciatori, perché meno individuabili come hanno evidenziato le recenti indagini delle forze dell’ordine.
Una forma di Welfare di stampo criminale sotto l’occhio vigile di cosa Nostra.
È tempo, dunque, di riaprire il dibattito su questi temi, rilanciare una antimafia sociale, stimolare un ruolo attivo delle istituzioni, sollecitare l’impegno delle nuove generazioni e del mondo della cultura, del lavoro e dell’impresa.