Tentazione leghista per il presidente della Regione Renato Schifani?
La suggestione comincia a farsi forte. C’è chi collega il conferimento della delega alla gestione diretta dei rapporti parlamentari all’assessore regionale all’Agricoltura, come primo passo, chi dice che le strade si potrebbero incrociare anche a prescindere da questo, ma in realtà le cose potrebbero anche non essere collegate.
Per ora quella di cui stiamo parlando è un’indiscrezione che si perde nella quotidianità dei conflitti di coalizione all’interno del centrodestra. Uno di quei “boatos” che serve più a fare contesto che a spianare la strada a un percorso. “E’ vero, Schifani è molto vicino a Salvini e ha ottimi rapporti con lui, ma è prematuro parlare in questi termini”, chiosa sbrigativamente uno dei deputati leghisti di Sala d’Ercole. In altre parole l’ipotesi è in campo, ma defilata.
Nel centrodestra siciliano tra un emendamento della discordia e la revisione, più o meno sistematica delle politiche di settore del governo Musumeci, la situazione è cristallizzata e non pare avere al momento sbocchi.
Schifani, almeno in teoria, non avrebbe alcuna motivazione al clamoroso divorzio da Fi; è stato un pezzo storico del partito di Berlusconi, certamente ma non è detto che voglia diventarlo nel nuovo club azzurro dopo la scomparsa del suo storico fondatore. Ecco quindi, secondo alcuni osservatori ben informati, due fattori che concorrerebbero a far valutare all’attuale governatore tutti gli elementi: il primo la leadership di Tajani in Fi con cui Schifani avrebbe diversi contrasti e che potrebbe creargli in prospettiva più di un problema; il secondo fatto è dato dai rapporti che al momento segnano i minimi storici con FdI.
Da questo combinato disposto avrebbe origine la riflessione. Basterà tutto ciò a rendere possibile e concreto il passaggio?
Difficile dirlo, quel che è certo è che in questi mesi, da Palazzo d’Orléans, Schifani ha avuto l’abilità di accreditarsi come elemento di riferimento di Forza Italia, raggruppare sul suo nome l’intero plotone di deputati azzurri inizialmente spaccato, e proiettare Marcello Caruso, suo uomo di fiducia, come leader del partito. Poi l’altro grande fatto politico che prende forma dopo la morte di Silvio Berlusconi riguarda la successione ai vertici nazionali. Il “big” che terrà le redini di tutti i forzisti è Antonio Tajani il quale entro l’11 luglio sarà “proclamato” leader nazionale.
I traghettatori, o comunque tra i protagonisti di questa possibilità dalla Lega, ci potrebbero essere Nino Minardo, al momento defilato nel suo ruolo romano, o il messinese Nino Germanà.
Non è la prima volta che da Palazzo d’Orleans parte un giro esplorativo in direzione Salvini. Lo stesso Nello Musumeci pensò a federare il suo gruppo con Salvini che cinque anni fa radunava un esercito di consensi anche in Sicilia. Poi ci ripensò. Ma era un altro momento politico, diverso da quello attuale. Oggi a Palazzo Chigi siede Giorgia Meloni con Fratelli d’Italia. Salvini e la Lega all’epoca mancarono l’obiettivo storico: come andranno stavolta le cose?