“L’Italia è un grande paese e ce la farà, qualunque sarà il governo e il suo colore politico”. Lo dice Mario Draghi a un mese esatto dal sicilianissimo election day. E noi? Vogliamo credergli, “whatever it takes.”
I siciliani, in particolare, chiamati doppiamente a esprimersi per la composizione del Parlamento nazionale e dell’Ars ,oltre che per il nuovo Presidente della Regione, raccoglieranno tutti l’invito a votare perché l’Italia – e la Sicilia aggiungiamo noi – non solo è un grande paese ma, ce la farà, qualunque sarà il governo e il suo colore politico.
Ce la farà anche se certe alleanze iniziate male, finiscono peggio a un mese dalle elezioni. Ce la farà anche se gli alleati di una coalizione che avrebbe dovuto governare una Regione adesso minacciano guerre in tribunale e ce la farà anche se l’elettore, coinvolto nelle primarie con tanto di conferenze, incontri e voto on line e nei gazebo, deve assistere a quotidiani rimproveri di “alto tradimento”.
Ce la farà anche se “i candidati migliori” è meglio che vadano da altre parti, magari a Roma, magari con altri ruoli. Ce la farà anche se quel ribadire costantemente quell’unità di coalizione raggiunta a tavolino a suon di ultimatum e disaccordi accordati tra le parti, hanno sempre il sapore del sospetto che poi, alla fine, qualche pezzo se ne andrà via comunque una volta terminata la campagna elettorale, una volta definita la squadra di Governo.
La Sicilia e questa classe politica di big di vecchio corso, di paracadutati, di new entry (ma solo per cambi repentini di casacche). La Sicilia del Ponte sullo Stretto, dei termovalorizzatori, la Sicilia che punta sul turismo ma che vede andare letteralmente tutto in fumo sacrificando i suoi luoghi più belli, la Sicilia del tutto cambia per restare com’è. Con questa Sicilia, i due nuovi Governi, i due nuovi parlamenti, i due nuovi presidenti, dovranno fare i conti. Dovranno parlare di emergenza del gas, crisi climatica, guerra in Ucraina, di Europa, di Covid.
La Sicilia, l’Italia ce la farà. Avremo standing ovation e continui applausi perché noi, il nostro Paese, la nostra Regione, sono un grande paese, una grande Regione, qualsiasi colore politico verrà a governarci. O forse no.
“Per guardare avanti – dice Mario Draghi – serve immaginazione e pragmatismo, per ragionare su chi siamo e su vogliamo diventare.” Ed è questo il vero tema. La crisi che incombe e che già miete le prime vittime. Caro bollette, caro scuola, caro energia. Le premesse per un autunno di fuoco dal punto di vista economico e sociale ci sono tutte anzi, non si tratta più nemmeno di premesse: ci siamo già dentro da protagonisti e non da spettatori.
“Vedo molti giovani – dice Draghi – la parola deve essere di verità e di speranza. Non dobbiamo nascondere le difficoltà, ma non dobbiamo pensare che siano ostacoli inerti. Vinceremo queste sfide, la fiducia nel futuro si fonda su questa consapevolezza e sarà la nostra forza”.
Per disegnare una politica economica adatta a un momento così duro, il ruolo dell’elettore diventa più importante che mai per dare sostegno e ampia legittimità ai prossimi governi e parlamenti.
Nonostante le bagarre da campagna elettorale, nonostante i tradimenti, nonostante gli ultimatum, “whatever it takes.”