Una fiaccolata e un sit in per dire no all’esternalizzazione dei servizio 133 della Wind Tre. Un centinaio di operatori del call center, con indosso la maglietta simbolo della protesta con scritto ‘900 famiglie svendesi’ hanno manifestato ieri fino a tarda sera, in piazza Verdi a Palermo, per chiedere lo stop delle procedure di cessione del ramo d’azienda avviate dal colosso delle telecomunicazioni nato pochi mesi fa dalla fusione tra Wind e H3g. Temono per il proprio futuro chiedono l’immediata convocazione di un tavolo al ministero dello Sviluppo economico: a rischio cessione sono 900 operatori su scala nazionale di cui circa 300 impiegati nel capoluogo siciliano. Da giorni i sindacati chiedono un intervento del Governo, anche perché il conto alla rovescia è cominciato: entro il 5 luglio potrebbe arrivare l’accordo di cessione tra Wind Tre a Comdata Group con il passaggio del personale in blocco a quest’ultima. In piazza, a Palermo, c’erano anche politici e lavoratori.
Dall’assessore alle attività produttive Giovanna Marano, l’ex leader dei no global Luca Casarini oggi segretario regionale di Sinistra Italiana, alcuni esponenti M5s, e qualche neo consigliere comunale eletto: da Giusto Catania a Ugo Forello. E poi in piazza c’erano loro. i lavoratori e le loro famiglie. Delia Chinnici, da 13 anni in Wind. “Ho un contratto di quinto livello, guadagno mille euro al mese al netto delle tasse, un mutuo e già così è dura andare avanti – dice la donna, che ha 39 anni – Azienda e sindacati ci hanno comunicato una proposta di accordo che prevede la cessione a una nuova società che dovrebbe mantenerci per sette anni e poi cosa succederà?“. Le fa eco Angelo Paisi, 40, due figli, sposato. “Io e mia moglie siamo nella medesima situazione, anche lei è operatrice del call center Wind Tre- dice il lavoratore – Siamo entrambi ‘a rischio cessione’: abbiamo un mutuo di 500 euro al mese, due bimbi piccoli. Siamo preoccupati“.