La ricetta di oggi, il “Caciocavallo all’Argentiera“, la leggeremo seguendo due versioni, una al femminile e una la maschile, unite, però, da un fil rouge che è quello di essere un piatto che definiremo, bonariamente, un “inganno“, un trompe-l’œil, anzi un trompe-nez in cucina, perché il suo profumo ricorda “u cunigghiu all’argintiera“, ma del coniglio ha solo l’irresistibile fragranza.
Il nostro palcoscenico è via Argenteria, una stradina della Vucciria, famoso mercato palermitano, chiamata così perché un tempo era abitata da argentieri.
Racconta Gaetano Basile, giornalista, scrittore e storico palermitano: “A quei tempi gli argentieri erano considerati molto ricchi perché lavoravano argento e oro, in realtà lavoravano questi metalli preziosi su commissione, cioè chi voleva eseguito un lavoro portava egli stesso la materia prima, pretendendo alla consegna del lavoro finito, i ritagli rimasti e persino le limature, pagando solo per il lavoro eseguito. Si racconta che un giorno la moglie di uno di loro, per darsi delle arie con le vicine di casa, usò la sua abilità in cucina ingannandole. Prese del caciocavallo lo condì con un filo di olio, aglio e aceto e lo lasciò cuocere. L’aroma che ne scaturì si diffuse nel vicinato che pensò, forse con un po d’invidia, che l’argentiera avesse cucinato il coniglio, invece era solo formaggio, nacque così il caciocavallo all’argentiera“.
Altra versione: un argentiere, che lavorava in via dell’Argenteria, a un punto della sua vita si trovò in difficoltà economiche, ma l’unica cosa che continuava a distinguerlo dal popolino era che aveva sempre “u luce addrumato“, il fuoco acceso, perché gli serviva per lavorare. Fino agli anni ’50 dovete sapere che, per definire il ceto e la floridezza economica di una famiglia, si faceva riferimento al “cuoce una volta al giorno”, oppure “cuoce una volta alla settimana” perché, oltre al cibo, legna e carbone incidevano fortemente sulle spese. L’argentiere di cui sopra, caduto in disgrazia, per nascondere la sua nuova condizione al vicinato ficcanaso, si inventò questa ricetta in cui sostituì al prelibato coniglio il caciocavallo. Ma bando alle ciance e penetriamo nel cuore della ricetta che, essendo un antipasto, è un vero e proprio apripititto.
Ingredienti per 4 persone
- 400 gr caciocavallo tenero tagliato in 4 fette
- Olio extravergine d’oliva
- 2 spicchi di aglio
- Aceto bianco
- Origano
Procedimento
1. Mettete in una padella un po’ di olio, fatevi rosolare l’aglio tagliato a fettine e, quando sarà dorato, unite le fette di caciocavallo.
2. Fatelo dorare, leggermente, da entrambe i lati e, a questo punto, aggiungete un cucchiaio di aceto bianco, facendolo sfumare.
3. Spolverate con origano e lasciatelo sul fuoco ancora per qualche minuto.
4. Versate il fondo di cottura e servite caldissimo. Decorate con delle fettine di pomodoro o, seguendo la vostra fantasia, con altro.
Mai come in questo caso possiamo dire: scritto, letto e mangiato.