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Inaugurato l’anno giudiziario, Scarpinato: “La mafia approfitta degli spazi lasciati dal degrado”

sabato 28 Gennaio 2017

Mafia, estorsioni, aumento dei reati comuni ma più collaborazioni. È un ritratto a tinte fosche quello emerso nelle relazioni presentate da magistrati, avvocati e rappresentanti del governo all’inaugurazione dell’anno giudiziario a Palermo.

Nonostante arresti e condanne “Cosa nostra sul territorio rimane diffusa e pervasiva ed è stata tuttora in grado, quando ne ha ritenuto la necessità, di portare a compimento azioni violente ed efferate per affermare la propria supremazia ed alimentare il flusso di proventi illeciti“, questo è quanto dice il presidente della Corte d’Appello di Palermo facente funzioni, Matteo Frasca. “Da una parte, rimane pressante la sistematica imposizione del ‘pizzo’ alle attività commerciali e alle imprese, – aggiunge – nell’ambito delle quali, tuttavia, vengono registrati crescenti ed incoraggianti atteggiamenti di rifiuto da parte delle vittime e di denunzia o comunque collaborazione con gli organi dello Stato. Dall’altra – spiega – però è ritornato preminente l’interesse dell’organizzazione mafiosa ad acquisire e mantenere il totale monopolio del mercato delle sostanze stupefacenti, in stretto collegamento, per le esigenze di approvvigionamento, con altre organizzazioni criminali italiane ed estere“.

Secondo il presidente della Corte d’Appello “il dato più significativo è rappresentato dalla permanente e molto attiva opera di infiltrazione, da parte di cosa nostra, in ogni settore dell’attività economica e finanziaria, che consenta il fruttuoso reinvestimento dei proventi illeciti, oltre che nei meccanismi di funzionamento della pubblica amministrazione, in particolare nell’ambito degli enti locali. La Direzione distrettuale antimafia – conclude – sta quindi orientando la propria azione inquirente proprio nei confronti di tali settori, al fine di individuare ed interrompere i canali di investimento e reimpiego degli imponenti proventi illeciti dell’organizzazione, affiancandola a quella dei sequestri e delle confische nell’ambito delle misure di prevenzione“.

Frasca punta il dito anche contro la normativa italiana sulla prescrizione che “è un’anomalia se si considera che in nessun altro Paese europeo esiste un regime analogo al nostro. E questo ritrovato ‘nazionalismo giuridico’, che comporta la pervicace conservazione di regole che l’Europa ci chiede a ragione di cambiare, finisce per collidere con l’esterofilia di maniera che invece non di rado ci induce ad importare istituti giuridici ben lontani dalla cultura, dalla storia e dalla tradizione del nostro Paese, anche se, poi, finiamo per constatarne l’insuccesso quantomeno per crisi di rigetto“.

tuzzolinoLa nota positiva è l’aumento dei collaboratori di giustizia. “Al di là del livello di inserimento nell’organizzazione criminale – sottolinea Frasca – ciò che rileva è la ripresa del fenomeno e l’incremento del numero dei collaboratori, anche proveniente da ambienti finora non toccati da tali forme dissociative (traffico di migranti, associazioni di diversa etnia): segno indubbio dell’efficacia dell’azione investigativa e repressiva da un lato e, dall’altro, della credibilità della struttura giudiziaria e statuale nel suo complesso”. Frasca cita le principali collaborazioni con la giustizia dell’ultimo anno, come quella degli ex boss Antonino Pipitone, Vito Galatolo e Giuseppe Tantillo. Cauto su Giuseppe Tuzzolino, architetto agrigentino (nella foto accanto), la cui collaborazione viene definita “controversa e in fase di approfondita valutazione.

Più “politica” la disamina del consigliere del Csm Claudio Galoppi, secondo il quale è “necessario dare corso a una nuova stagione in cui la magistratura è tenuta a un maggiore riserbo e una maggiore garanzia delle persone. È necessario stabilire un limite di demarcazione tra la funzione giurisdizionale e l’impegno in politica e l’attività di rappresentanza politica che comunque i magistrati hanno il diritto di intraprendere. Lo dico rifuggendo da ogni demagogia“.

Il procuratore generale Roberto Scarpinato punta molto sulla forbice economica tra le diverse classi sociali che si allarga contribuendo da un lato all’aumento dei reati, dall’altro all’aumento della sfiducia nelle istituzioni. “Fuori dal palazzo di giustizia – dice – si manifesta una distonia tra il lavoro svolto dalla giustizia e i risultati raggiunti. Al di là dei numeri, c’è una progressiva crescita del reato ordinario e un arretramento complessivo della cultura della legalità”.

Su Cosa nostra – prosegue – riusciamo a contenere il fenomeno, ma se non avanza neppure indietreggia in modo significativo. La mafia approfitta dei nuovi spazi lasciati dal degrado, soprattutto nel palermitano“.

La crisi “mangia” la società. “È quindi normale – aggiunge – che, nonostante l’ottimo lavoro svolto dagli uffici giudiziari, l’opinione pubblica perda fiducia nelle istituzioni. In questo quadro si spiegano le rare denunce delle estorsioni e delle testimonianze per rapine e furti. Le vittime, inoltre, non denunciano gli usurai perché si spaventano di perdere la loro unica fonte di sussistenza. Stessa cosa succede per i reati sul lavoro. Le politiche economiche nazionali hanno aumentato la forbice della diseguaglianza, allontanando sempre più le regioni meridionali dal resto del Paese“.

L’ultimo accenno di Scarpinato è al decremento dei reati tributari. “Questo non è imputabile – ribadisce – a una crescita del tasso morale dei contribuenti, ma a scelte di politica legislativa che hanno disarmato lo Stato nella lotta all’evasione. Alzando la soglia economica dell’infrazione per considerarlo reato non si è permesso di contrastare adeguatamente il fenomeno. Il sequestro per equivalente, che era finora uno strumento essenziale per recuperare le somme non versate, è parecchio diminuito. La depenalizzazione in questo settore si è rilevata perdente”.

Anche l’abuso del potere pubblico – conclude – può essere difficilmente perseguito a causa della prescrizione che continua a falcidiare la maggior parte dei processi. Anche quando si arriva a sentenze di condanna nei tempi imposti, i colletti bianchi usufruiscono di tutti le forme alternative alla pena detentiva. La lotta ai reati di pubblica amministrazione è quindi priva di efficacia dissuasiva“.

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