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L’insostenibile leggerezza del voto. È guerra dei sondaggi: vincono tutti e nessuno

martedì 7 Febbraio 2017

L’insostenibile leggerezza del voto è l’unica costante a tener insieme quel che resta della Seconda Repubblica. L’ultima ancora di salvezza sono i sondaggi. Per tutti i gusti e per tutte le esigenze. Nel mare magnum della rete vincono tutti. A Palermo, per la sfida di Palazzo delle Aquile, sono stati diffusi sondaggi che davano per sicuro sia il successo di Ferrandelli sia quello di Orlando.  Stesso refrain anche alla regione. Si conferma Crocetta, vince Musumeci e si esaltano i Cinquestelle. Insomma, come sempre vincono tutti. Un po’ come accadeva nella Prima Repubblica quando dopo la notte delle elezioni, gli italiani a rete unificate erano costretti a sorbirsi fiumi di parole tutte nel segno della vittoria. A quei tempi, però, quando la baracca si reggeva tra compromessi e alleanze, vincere non era poi così difficile. Bastava uno zero virgola nulla per garantire al proprio partitino una poltrona da sottosegretario. Ma almeno si parlava a bassa voce. Non si gridava. E si ascoltava nelle tribune politiche una buona lingua italiana, sotto una coltre di pieno rispetto istituzionale.  Così l’appello fuori tempo massimo è ridateci Jader Jacobelli, Mario Pastore e Ugo Zatterin. Magari ci potremmo accontentare anche della versione Noschese.

Perché c’è tanta voglia di ridere in fondo al tunnel del torpore italico. Gli italiani – e i siciliani – sono maestri nel ridersi addosso. La situazione è seria ma sfiora il tragicomico. Dietro  le vittorie statistiche, quanto apocrife, di oggi – l’urlo di battaglia, un po’ selvaggio dei contendenti di oggi – è solo cenere a covare sotto la bocca del vulcano. Mettendo da parte i numeri che sprizzano entusiasmo sulle singole “entità” in lizza nelle competizioni sicule anno domini 2017, i guru del sondaggio – quelli veri – hanno spiegato chiaramente in che situazione siamo. All’indomani della sentenza della Consulta sulla legge elettorale, le simulazioni su cosa accadrebbe in Italia offrono una chiave di lettura chiara, univoca e inequivocabile. Senza una legge elettorale nuova è sicura l’ingovernabilità. Se ci si recasse alle urne, infatti, con un’affluenza stimata attorno al 66%, il Partito Democratico navigherebbe attorno al 30%, con il Movimento 5 Stelle a soffiare sul collo, appiccicato ad una sola incollatura. Le stime per i grillini parlano del 29%. Tutto il resto della torta andrebbe suddiviso tra leghisti, neotrumpisti, azzurri e destrorsi. Con piccole quote da bazar per la sinistra e il residuo dell’area popolare.

Così a Roma si tende a far melina in attesa di qualche evento che spinga la notte più in là, rinviando sine die le consultazioni. Ma a Palermo – caput mundi, altro che “capitale della cultura” – non è più il tempo dell’attesa. I passaggi elettorali obbligatori del 2017 in Sicilia, dalle amministrative alle regionali, fanno sì che da qui passi una buona fetta degli equilibri che reggeranno le sorti del Paese in un futuro quanto mai incerto. Non si voterà soltanto per Palazzo delle Aquile e per la poltrona di Governatore della Regione siciliana. Quella siciliana sarà una conta all’ultimo voto per capire se il Movimento Cinque stelle detenga ancora una forza propulsiva tale da aggredire le istituzioni più antiche d’Europa. Si dovrà contare anche il Pd alla prese con le sue grane interne, così come si attende di capire se sull’onda di quanto accaduto oltremanica ed oltreoceano, il populismo anti europeista abbia muscoli e nervi per attecchire pure qui. E così, di sondaggio in sondaggio, si procede a passo lento verso le elezioni. Gli ultimi dati in ordine di tempo profetizzano un botto siculo per i Cinquestelle. In Sicilia sono stimati al 38 per cento.

Con la legge elettorale in vigore per la Regione, se fosse così, non ci sarebbe manco bisogno di votare. Altro sondaggio che va per la maggiore è quello tutto interno al centrodestra. Con Musumeci già in corsa per le primarie, dall’alveo degli autonomisti arriva una stima che vorrebbe Gaetano Armao in testa alle preferenze. E così c’è chi non crede più ai sondaggi. Il primo a sconfessare l’alchimia dei numeri è il presidente della regione in carica, Rosario Crocetta: “Non ci facciamo impressionare dai falsi sondaggi – tuona il presidente – li hanno fatti anche 4 anni fa, una volta vinceva il centrodestra, una volta il M5S, poi abbiamo vinto noi”.

C’è da scommettere che Crocetta non sarà il solo – da qui alle elezioni – a sconfessare i sondaggi. I voti, quelli veri, in terra di Sicilia si conteranno uno ad uno. Per sfuggire, come sempre, alle incontrollabili tabelle della statistica fai da te.

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