Una foto che ha fatto storia, l’ultimo sorriso tra Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Quell’istantanea del 27 marzo 1992 è diventata un vero e proprio simbolo della storia Repubblicana di questo Paese. Inizialmente scartata dai quotidiani, la foto divenne celebre soltanto dopo la strage di via D’Amelio, dopo la scomparsa del giudice Borsellino. Lo scatto firmato da Tony Gentile ha raccontato da quel momento. in tutti i quotidiani, uno degli ultimi sorrisi tra Falcone e Borsellino.
Dopo un quarto di secolo, pochi conoscono la storia che c’è dietro quello scatto. Il 27 marzo del 1992 Falcone e Borsellino si diedero appuntamento al palazzo Trinacria di Palermo, nel rione storico della Kalsa, il quartiere dove nacque l’amicizia fraterna tra i due. Il quartiere dove Giovanni e Paolo erano nati.
L’occasione di quell’incontro è la presentazione della candidatura alla Camera del collega Giuseppe Ayala. Lo stesso Ayala che – ironia del caso – arriverà tra i primi in via D’Amelio dopo il boato delle 16:58, e che maneggerà perfino la borsa di Paolo Borsellino, quella che presumibilmente conteneva la famigerata agenda rossa, mai ritrovata.
Palermo, quel 27 marzo 1992, è in fermento. Il 5 e 6 aprile di quel tragico anno si terranno le elezioni politiche dell’era Mani Pulite. Quindici giorni prima avevano ucciso Salvo Lima, il tramite di Andreotti in Sicilia con la mafia. Un omicidio che segnò la svolta, per la rottura del patto tra la Dc siciliana e Cosa nostra. Pochi mesi dopo sarebbero arrivate le stragi che cambiarono per sempre l’Italia.
Falcone e Borsellino, stipati dietro quel tavolo, l’uno con gli occhiali in mano, l’altro con le immancabili sigarette, sorridevano, ignari del destino che da lì a poco li avrebbe colpiti entrambi. Si sussurrano qualcosa, a bassa voce, poi uno dei due fa una battuta, si allontanano per un momento per poi riavvicinarsi. E il sorriso illumina, forse per l’ultima volta, i loro occhi.
Dall’altra parte di quel tavolo c’è un giovane fotoreporter del Giornale di Sicilia, Tony Gentile, che schiaccia il pulsante della sua macchina fotografica in sequenza, una serie di volte, fino a beccare proprio quel preciso momento del sorriso.
Il giorno dopo quella fotografia non viene pubblicata. Gli promisero che l’avrebbero pubblicata da un altro giorno all’altro. Ma non fu così. Rimase chiusa nel cassetto fino al 20 luglio 1992, il giorno dopo via D’Amelio.
Quell’immagine di Falcone e Borsellino sorridenti riuscì a scuotere le coscienze. «Capii che la mia foto era diventata un simbolo – racconta Gentile oggi a Repubblica – quando la vidi stampata sui lenzuoli bianchi che migliaia di cittadini appesero alle loro finestre. E poi quando il padre di Nino Agostino, il poliziotto ucciso dalla mafia insieme alla moglie qualche anno prima, apri il corteo del 23 maggio del ’93, un anno dopo la strage di Capaci, tenendo fra le mani proprio quell’immagine».
Un simbolo di riscatto, di rinascita di una terra martoriata che reagisce contro la logica mafiosa. I giovani, le nuove generazioni, «hanno imparato a conoscere la storia della lotta alla mafia grazie alla mia foto. E – conclude – tanti turisti che sbarcano in aeroporto a Palermo e si soffermano anche solo per un istante davanti a quell’immagine. Resterà per sempre nel cuore della gente».