Tra le tante meraviglie presenti in Sicilia una in particolare, negli anni, registra un trend di visite in netta crescita.
Stiamo parlando di quel tesoro sommerso che, ogni anno, attrae più di cinquemila visitatori.
Da Levanzo a Ustica, da Marzamemi a Pantelleria, sono 21 gli itinerari archeologici sui fondali dell’isola ricchi di anfore, tracce di chiese bizantine e navi, reperti che potrebbero ricostruire ancora più dettagliatamente la storia del Mediterraneo.
A scortare i visitatori tra i fondali ci sono “ciceroni” con le bombole d’ossigeno: guide turistiche subacquee dei diving center autorizzati che, grazie alle convenzioni con la Soprintendenza, accompagnano gli appassionati a scoprire i resti archeologici marini in quelli che si possono definire musei sottomarini.
“La tutela del mare non può prescindere dalla conoscenza del patrimonio che custodisce – spiega il soprintendente del mare, Sebastiano Tusa -. Un patrimonio che non deve essere riservato soltanto agli addetti ai lavori, ma deve attrarre un pubblico più vasto”.
E il metodo dell’isola fa scuola nel resto del mondo: in questi giorni, infatti, una missione siciliana è in Kenya per mappare i 1500 reperti del mare di Malindi e creare nuovi itinerari archeologici.