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A ventinove anni dalla strage di via D’Amelio, Palermo tiene vivo il ricordo di Paolo Borsellino e degli agenti della scorta, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi e Claudio Traina uccisi da cosa nostra il 19 luglio 1992.
Una serie di iniziative dedicate alla legalità e che oggi ricordano una pagina triste e buia della storia d’Italia, e non ancora risolta, nonostante processi e indagini che continuano a procedere, perché deve ancora essere scritta la verità piena, dentro un contesto, è stato detto, in cui il ‘grande depistaggio’ non è finito. E così fare memoria diventa “azione attiva”.
A rafforzare la memoria i vari interventi dei familiari delle vittime della strage di Via D’Amelio e dei familiari di vittime di mafia che si sono susseguiti questo pomeriggio, accompagnato da un minuto di silenzio che ha testimoniato una sentita partecipazione collettiva ad un dolore che appartiene anche alla nostra società civile, avvertendo il bisogno di ricordare e riflettere. Alle 17.45 “Sistemi criminali e depistaggi”, un incontro con i magistrati Sebastiano Ardita, Roberto Scarpinato, Giovanni Spinosa e l’avvocato Fabio Repici.
In via D’Amelio le ‘Agende rosse‘ si mobilitano, spinte da un instancabile Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, che con l’Agi ha parlato di “uno Stato che non merita fiducia perché a 29 anni di distanza ancora non si è indagato a sufficienza su molti punti rimasti oscuri, a partire dalla presenza dei servizi nella strage e su chi veramente ha ordito certe mistificazioni”.
Presenti alla manifestazione autorità, istituzioni ed esponenti della politica siciliana e delle organizzazioni sindacali.
La cultura della legalità si diffonde incontrando i giovani e andando nelle scuole, e senza mai abbassare lo sguardo “Ho pensato venendo qui che i luoghi di dolore come questo ci consentono di guardarci negli occhi e dire che siamo più forti dei boss mafiosi”, ha detto Giuseppe Antoci, ex presidente del Parco dei Nebrodi e attuale presidente onorario della Fondazione Caponnetto, intervenendo sul palco di via d’Amelio in occasione della commemorazione dell’attentato che il 19 luglio 1992 tolse la vita a Paolo Borsellino e agli agenti della sua scorta.
Impegnata sul tema è la Commissione Antimafia dell’Assemblea regionale siciliana “In Commissione Antimafia abbiamo depositato la seconda relazione sul depistaggio delle indagini sulla strage di Via D’Amelio provando a ricostruire cosa accadde prima, durante e dopo quel pomeriggio. Occorre far emergere la verità su questi eventi sanguinosi continuando a coltivare i percorsi di legalità e giustizia intrapresi dai nostri eroi”, ha ricordato Roberta Schillaci, deputata del M5S a Sala d’Ercole per sottolineare quale debito di verità ci portiamo dietro da 29 anni.
“La lotta alla mafia ha segnato risultati importanti ma c’è bisogno di fare passi avanti, affinché lotta alla mafia e legalità si possano coniugare con l’opportunità di fare sviluppo. C’è la necessità di costruire un futuro per le nuove generazioni, per i giovani che vogliono rimanere in questa terra”, ha detto Mario Ridulfo, segretario generale di Cgil Palermo.
“Magistrato scrupoloso che ha saputo contrastare la mafia con la forza del diritto e l’intelligenza di uomo che ha amato la sua terra tanto da sacrificare la propria vita per il riscatto morale e sociale della Sicilia”. Lo afferma Eleonora Lo Curto, capogruppo Udc all’Ars.
Le commemorazioni odierne devono necessariamente ricondursi al testamento morale di Paolo Borsellino: la lotta alla mafia – citando il magistrato – non va relegata all’opera delle forze dell’ordine e della magistratura, ma deve essere un movimento culturale che coinvolga tutti, specialmente le nuove generazioni. “Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo.” (Paolo Borsellino).