L’essere umano, si sa, è imperfetto, è strano. Per quanto meravigliosa e perfetta sia la macchina umana, come spesso viene definita, talvolta qualche difetto c’è, e spesso si tratta di difetti neanche tanto da ridere: che poi, se proprio vogliamo dirla tutta, la macchina umana è tutt’altro che perfetta! In fondo, se realmente fosse perfetta, se realmente non avesse difetti, non esisterebbero le malattie, la morte, la sofferenza, e tanti altri limiti che dimostrano, qualora ce ne fosse ulteriore bisogno, che la perfezione non è sicuramente di questa dimensione!
Proprio partendo da questo assunto, ovvero partendo dal concetto di imperfezione che ci contraddistingue in maniera totalmente naturale, sarebbe curioso capire perché, talvolta, l’essere umano adotti dei comportamenti quasi masochistici, mirati a farlo vivere male, a donargli una sofferenza facilmente evitabile.
Mi riferisco, in particolar modo, alla possibilità che (troppe) volte diamo al passato nel condizionarci il presente ed il futuro: il passato, in quanto tale, è passato, se n’è andato via, e quasi sempre non torna (e se torna è spesso utile rispedirlo a calci nel sedere da dove è arrivato! N.D.Giomba). Quindi, parlando in maniera pratica, spicciola, pragmatica, per quale motivo dovremmo permettere al passato di condizionare il tempo presente, e, peggio ancora, quello futuro? Per quale assurdo motivo ciò che abbiamo vissuto in passato debba condizionarci ciò che stiamo vivendo adesso?
Si, lo so che a parole siamo bravi tutti, ma la vita mi ha insegnato che, talvolta, se una rosa ti ha punto un dito, non puoi odiare tutti i fiori indistintamente: allo stesso modo, il male che abbiamo ricevuto in passato non può e non deve condizionare ciò che stiamo vivendo oggi e quel che vivremo domani. Piuttosto, la via più produttiva è quella del trarre giovamento ed esperienza da quanto vissuto nel passato, per poi applicare, nel tempo presente, gli insegnamenti che l’esperienza ci ha trasmesso, ma senza mai avviare una qualsivoglia forma di condizionamento.
Spesso stiamo male, ma non ci rendiamo conto che stiamo male per una nostra, precisa, oculata, scelta: diamo facilmente la colpa agli altri, probabilmente perché è più semplice dire che è colpa del “destino cinico e baro” piuttosto che avviare una seria e serena autocritica. Ecco perché dovremmo imparare a trarre insegnamento da quel che il passato ci ha insegnato, piuttosto che avere paura, nel presente, che le dinamiche del passato possano tornare.
È quella che, di fatto, si chiama esperienza, che, come diceva il mai troppo compianto Gianfranco Funari, “è la somma delle volte in cui te la sei presa… Dove non batte il sole!”