L’obiettivo ambizioso che non è riuscito ad attraversare indenne un cammino carico di ostacoli e contrarietà da superare, come poi si è rivelato, era quello che nelle intenzioni dell’ex presidente della Regione Rosario Crocetta avrebbe dovuto portare i manager esterni a gestire i parchi e i musei siciliani. Perché, se da un lato la novità contenuta in in una delle tante finanziarie della discordia metteva di fatto la Sicilia nelle condizioni di sfruttare la riforma voluta in tal senso dal ministro Franceschini, dall’altro necessitava delle condizioni generali migliori possibili per rendere attuabile la norma.
Il tentativo di Crocetta naufragò anche perché non era parte di una riforma di settore, ma di un emendamento “mordi e fuggi”, ma anche chi è venuto dopo non ha portato ancora a casa la soluzione.
Una situazione di contesto che nessuno, neanche successivamente, è riuscito ad attivare. Parlare di meccanismo inceppato però non è corretto, in realtà si sono succedute visioni diverse e poco integrabili tra loro.
Fu poi Sebastiano Tusa, compianto assessore ai Beni culturali di Nello Musumeci, a porre l’accento sul bisogno di armonizzare le figure che si trovavano al vertice della gestione per evitare situazioni che avrebbero potuto determinare potrebbero portare ad una duplicazione di costi economici e di funzioni di gestione.
L’assessore Elvira Amata che aveva cominciato questa esperienza di governo proprio con la delega ai Beni culturali aveva una sua idea di riforma in cui la managerialità pubblica o privata che fosse avrebbe dovuto avere un suo forte impatto.
Da quale “step” oggi occorre allora ripartire?
Quale riflessione neutra, oggettiva e disinteressata dalla ragion di clientela politica bisogna allora portare avanti sui rapporti tra soggetti pubblici e soggetti privati, per definire strumenti e modalità più performanti mirati a ottimizzare le risorse dei beni culturali in Sicilia?
La crociata ciclicamente messa in campo sulla necessità di sveltire la burocrazia e di rendere agile i meccanismi ha lambito spesso anche le strutture in questione. Parchi e musei sono leve importanti. Forse anche per questo una riflessione compiuta non farebbe male a nessuno.
Standard di qualità dei servizi, protocolli e Piani di gestione, sicuramente varranno anche più di quello che, a occhio e croce, può generare un emendamento come quello che l’Ars, svogliatamente, ha votato a favore dei Parchi.