A guardarlo adesso, quel gigante col pesce sottobraccio e la pipa in bocca, sembra osservare quasi malinconicamente le ruspe che sotto i suoi occhi stanno via via demolendo gli ex Magazzini Generali (QUI) e che tra poche ore arriveranno anche a lui. Messina saluta Lillo il marinaio e soprattutto su facebook sono tantissimi i post di “addio” al murales realizzato nel 2015 da Seacreative (pseudonimo di Fabrizio Sarti), nell’ambito del progetto “Distrart”, in una delle pareti degli ex Magazzini Generali.
Il progetto di Street art in quei mesi portò alla realizzazione di numerosi murales di valore, alcuni dei quali, come appunto Lillo il marinaio, sono entrati nel cuore dei messinesi.
Adesso al posto degli ex Magazzini Generali (e aggiungiamo finalmente) sorgerà l’I-hub, il Polo dell’innovazione. Le demolizioni, che interesseranno anche gli ex granai e il mercato ittico, sono già iniziate. Sui social sono tanti gli inviti a riflettere sulla possibilità di “salvare” Lillo in qualche modo e conservarlo. C’è un pizzico di nostalgia, la stessa che appare negli occhi del gigante colorato che è proprio lì, a pochi metri dalla Marittima e dagli attracchi di aliscafi e navi Fs. Un marinaio che torna a casa e dà le spalle al mare, dopo una giornata di lavoro, con la pipa in bocca, un pesce sotto il braccio.
“Non era solo “Lillo il marinaio”- scrive l’ex Garante degli adolescenti Angelo Fabio Costantino– ma un pezzo di psiche perché “ l’immagine è psiche e la psiche è formata essenzialmente da immagini” (Jung). Un grafito prima che un’opera d’arte è la raffigurazione dell’attività vitale della mente; la sua demolizione coincide con la morte dell’immagine psichica dell’artista e della collettività che l’ha ospitata. “ Lillo il marinaio” era “psichico” prima che artistico; era fantasia, memoria, sogno. Buttarlo giù è stata un’aggressione all’anima della comunità che prima o poi si ribellerà. È veramente triste costatare con quanta superficialità si stanno cancellano le opere della street Art come se queste non avessero mai attratto, consolato, rallegrato nessuno”.
Anche la storica dell’arte Maria Teresa Zagone fa una riflessione sulla demolizione: “ Nell’ultimo decennio l’arte urbana ha rappresentato una risorsa innovativa ed economica per la valorizzazione delle aree urbane degradate, costituendo un potenziale che ha agevolato la nascita di numerosi eventi dedicati e offerto un’occasione per l’interazione tra artisti, comunità e ambiente. A fronte della diffusione che queste produzioni hanno avuto e dell’interesse crescente dimostrato dalla cittadinanza, si pone comunque il problema teorico della conservazione di queste manifestazioni, tema particolarmente controverso che investe quello più complesso del restauro del contemporaneo, sia per la natura di queste realizzazioni, che per l’indipendenza creativa rivendicata da alcuni autori che mal sopportano eventuali restauri sui propri lavori e ogni altro genere di regolamentazioni. Resta però un fatto: quello di preservare non tanto un’opera d’arte, ma un oggetto che individua una serie di valori nei quali si riconosce una collettività e che pertanto devono essere trasmessi al futuro. L’intervento conservativo diventa così un atto che comporta il riconoscimento di questi principi e la mediazione tra le diverse istanze degli attori chiamati in causa quali l’artista, il restauratore, il proprietario del bene e la comunità.”