Infortunarsi o morire sul lavoro è ancora oggi, tristemente, uno dei maggiori rischi in cui può un lavoratore incappare. Nell’epoca della galoppante avanzata della tecnologia, in un mondo che spalanca le porte alla dimensione smart, con una sempre più curiosa attenzione verso l’intelligenza artificiale, la Sicilia, e più in generale l’intera penisola, sono costrette a fare i conti con uno degli elementi, all’apparenza, più naturali da dover gestire e monitorare: la sicurezza.
I dati comunicati dall’Inail, durante l’incontro, avvenuto pochi giorni fa, nella sede dell’Ance, pongono sul tavolo diversi quesiti e punti di riflessione. Al 31 agosto 2023, rispetto allo stesso periodo del 2022, sono “solo” 16.716 le denunce di infortuni sul lavoro nell’Isola, mentre 42 quelle con esito mortale nei primi otto mesi dell’anno. La maglia nera? Rispettivamente a Catania e Palermo per denunce, a Messina e sempre al capoluogo etneo per decessi. Al pericolo e alle vite spezzate si sommano anche i costi sociali. E così in Italia gli infortuni sul lavoro generano costi stimati in circa 105 miliardi di euro.
“A livello nazionale abbiamo una buona legge. L’impianto normativo che regola la sicurezza e detta gli adempimenti da porre in essere all’interno dei luoghi di lavoro è regolata dal dlgs. 81/08, uno dei migliori impianti normativi che c’è in Europa. Il nostro sistema legislativo è frutto di un’evoluzione normativa che parte da lontano e ha dunque prodotto un perfezionamento importante, introducendo nel tempo strumenti come la formazione per i lavoratori e meccanismi di controllo“. Ha fatto chiarezza Ignazio Baudo, della segreteria della Uil Sicilia. Ma se dal punto di vista legislativo c’è ben poco da modificare o aggiungere, allora tali numeri a chi o a cosa sono da imputati? L’esigibilità della norma, una corretta applicazione normativa e la diffusione di una cultura della sicurezza già a partire dalle scuole.
Come sottolinea Baudo vi è una sostanziale differenza tra “l’adempimento meramente amministrativo e l’esigibilità all’interno del luogo di lavoro degli stessi adempimenti. Un conto è produrre le carte altro è intercalare tutte queste regole all’interno dell’organizzazione del lavoro. Se all’interno di un’azienda c’è una buona organizzazione del lavoro, che tiene conto delle prescrizioni previste dal dlgs. 81/08, il rischio di incappare in un incidente è inferiore se non pari a zero. La stessa normativa prescrive l’elaborazione del documento di valutazione dei rischi, che rappresenta già un elemento di prevenzione perché oltre a individuare potenziali rischi permette di porre in essere ogni azione di prevenzione e controllo. Se l’assolvimento è solo cartaceo e non anche operativo si vanifica qualsiasi efficacia“.
A giocare un ruolo decisivo, vestendo i panni del perfetto collante tra gli studenti di oggi e i lavoratori di domani, potrebbe rivelarsi la scuola. “E’ importante che si cominci a parlare del fenomeno e del problema già all’interno degli istituti scolastici. Ancora è un libro dei sogni – aggiunge – ma c’è tanto da lavorare. Se manca una cultura della sicurezza del lavoro automaticamente non c’è una cognizione di quello che è il rischio. Bisognerebbe partire dalla scuola dell’obbligo e indirizzare i giovani verso questo fenomeno che si traduce poi in percezione del rischio“.
E come un cane che si morde la coda torna sempre sotto i riflettori uno dei temi che negli ultimi mesi ha fatto abbastanza discutere: la presenza di ispettori del lavoro. In estate il presidente Schifani e l’assessore al Lavoro Albano hanno annunciato l’arrivo in Sicilia di nuovi ispettori, in attuazione della legge 85 del 3 luglio: una norma che dà la possibilità all’Ispettorato nazionale del lavoro di operare direttamente anche sul territorio siciliano, con l’obiettivo di potenziare le attività di polizia giudiziaria in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. In totale si tratta di 29 figure professionali distribuite tra le province dell’Isola. Un segnale e un passo sicuramente importante ma che sarà sufficiente? “Questo numero ancora non basta – sottolinea Ignazio Baudo – Gli ispettori in organico in Sicilia ammontano a circa 63. Il fabbisogno degli stessi, come la stessa Regione Siciliana dichiarò qualche anno fa – aggiunge – sarebbe circa di 260 unità ulteriori. Siamo molto lontani“.
E’ chiaro, dunque, che il sistema dei controlli “va potenziato. Se un’azienda sa a priori che un controllo è un rischio che si può verificare massimo ogni vent’anni – commenta il componente di Uil Sicilia – tutto si vanifica. Non è dietro la porta e chi opera nell’illegalità preferisce rischiare. Se ci fosse un sistema più puntuale monitorare il mondo del lavoro sarebbe più semplice“. Una questione, quella dei controlli, che si infittisce se lo scenario si allarga al mondo del lavoro in nero.