Con questo caldo torrido, cosa ci può essere di meglio di una buona e rinfrescante granita? Sappiate che, dopo questo articolo, ve la sentirete sciogliere in bocca e non potrete fare a meno di uscire a comprarne una varietà infinita, dalla mandorla alla fragola, dal caffè gelsi, dal limone al pistacchio e all’anguria, chi più ne ha più ne metta. Questa goduria, in cui mi tufferei a tutte le ore e non metaforicamente, è sicilianità allo stato puro e ve lo dimostro: la ritroviamo sia ne “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa, in cui il principe Fabrizio si infastidisce per le mosche nel bicchiere di granita; sia ne “Gli arancini di Montalbano” di Andrea Camilleri, in cui il protagonista attraversa la piazza per recarsi all’interno di un bar e gustare una granita al caffè; sia in “Piccola guida pratica e sentimentale alla granita siciliana”, edizioni Kalòs, del taorminese Dario Barbera, che scrive questa guida mentre si trova a Milano in una notte calda e nostalgica. Il suo è una sorta di viaggio sentimentale alla ricerca del “cibo” perduto, da quel Nord a quel Sud che lo porta a percorrere le assolate strade della nostra Isola, in cerca di una buona granita che sia in coppa, bicchiere o calice, poco importa, così come poco importa se sia al limone, alla mandorla, con la “brioscia” con o senza tuppo. Insomma, per me, la granita è “nostra signora dell’identità golosa”.
Andiamo alle origini: il suo antenato più antico è lo Sharbat, da sharba, “bibita”, una bevanda fresca, di solito a base di frutta, acqua e petali di rose, il cui termine deriva dalla lingua persiana, mentre la dizione ‘sherbet‘ dalla lingua turca ‘serbet‘ e, visto che c’è un collegamento per tutto, lo Sharbat viene, anche, detto sorbet, alla francese. Da qui nasce lo “Sherbeth festival”, il festival internazionale del gelato artigianale che nasce nel 2007 in Sicilia e quest’anno si svolgerà a Palermo dal 25 al 27 ottobre.
Ritornando dal presente al Medioevo, una figura che si staglia su tutte è quella del nivarolo, che d’inverno raccoglieva la neve sull’Etna, sui monti Peloritani, sugli Iblei e e sui Nebrodi, e la proteggeva dalla calura estiva, nelle cosiddette neviere, luoghi naturali o artificiali deputati alla sua conservazione. Il ghiaccio, poi, in estate, veniva grattato e impiegato nella preparazione di sorbetti fatti con sciroppi o spremute.
Nel corso del XVI, però, la neve cominciò ad essere usata, come refrigerante, con il sale marino e così nacque il pozzetto, che era un tino costruito in legno con all’interno un secchiello in zinco, che veniva girato facilmente grazie ad una manovella. L’intercapedine, in questo modo, riempita con la combinazione di sale e neve, veniva chiusa da un sacco di juta. La miscela, congelando il composto del pozzetto, tramite la sottrazione di calore e il movimento rotatorio interno delle pale, impediva la formazione di cristalli di ghiaccio.
Nel corso del XX secolo la neve fu sostituita con l’acqua, il miele con lo zucchero e il pozzetto con la gelatiera, che diede un impasto più cremoso. La granita, secondo quanto raccontato al Museo Casa del Nespolo di Acitrezza, frazione di Aci Castello, sarebbe stata inventata da Procopio Francesco Cutò, un cuoco vissuto a cavallo tra ’600 e ’700, noto come Procopio dei Coltelli e in Francia col nomignolo di Le Procope. Si narra che, grazie alla sua permanenza presso il borgo marinaro, in cui veniva smerciata la neve proveniente dall’Etna, affinò le sue tecniche dolciarie fino alla realizzazione della granita. La tradizione popolare vorrebbe che Procopio fosse un ex pescatore, nato proprio ad Acitrezza, anche se i documenti ufficiali ne attestano le origini palermitane. La certezza si ha sul fatto che il geniale siciliano fu il fondatore del più antico caffè di Parigi, ritenuto il padre dei gelati e il primo in assoluto ad aprire un locale destinato alla loro vendita. Ad Acireale, ogni anno, si svolge la Nivarata, il Festival internazionale della granita siciliana, nata per ricordare Don Angilinu Trovato, “‘u gilataru” che, a metà del Novecento, si dedicò alla tradizione artigianale del gelato e della granita nella zone dell’acese.
Curiosità
- Un’antica leggenda narra di Oxiria, giovane principessa fenicia che, approdata in Sicilia alla ricerca del suo amato, per non far sfiorire la sua bellezza, tra il passar del tempo e le preoccupazioni, utilizzò come rimedio una miscela a base di neve dell’Etna e succosi frutti.
- Il termine “mezza con panna” si riferisce al gusto caffè. Fino agli anni 50 e 70, la granita veniva accompagnata con del pane croccante dalla forma allungata e sottile. Il bicchiere utilizzato, molto diverso da quello attuale, era piuttosto allungato.
- Un ricordo di Leonardo Sciascia: «Chi si ricorda più della neve che i carretti portavano giù dalle neviere di montagna, coperta di sale e paglia, e di cui per le strade si gridava la vendita e dalle case si accorreva a comprarla a refrigerio delle mense estive? Due soldi di neve, quattro soldi: e la si metteva nell’apposito incavo di certe bottiglie (non ne ho più viste in giro), a far fresca l’acqua, a rendere quei fortissimi vini rossi all’illusione della leggerezza. Mezza lira di neve poi bastava a gelare quell’insieme di acqua, zucchero, limone e bianco d’uovo battuto a schiuma, che era la granita: la granita di una volta che ancora, fortunatamente, in qualche paese fuori mano è possibile trovare».
Adesso, bando alle ciance e prepariamo prima una dissetante granita al limone e, poi, una aromatica granita alle mandorle.
Granita al Limone
Procedimento:
- Fate sciogliere circa 200 g di zucchero in 500 ml di acqua che bolle.
- Lasciate raffreddare il tutto e poi mescolate con 500 ml di succo di limone ben filtrato.
- Ponete il liquido ottenuto in freezer e dentro un contenitore. Il segreto è mescolare ogni mezz’ora, per non farlo solidificare completamente.
- Dopo circa tre, quattro, ore la vostra granita sarà pronta.
Granita alle Mandorle
Procedimento:
- Per preparare questa squisitezza, che profuma di Sicilia, basta sciogliere un panetto da 400 g di pasta di mandorle in 1 litro di latte caldo.
- Lasciate raffreddare e riponete il liquido in freezer, mescolandolo a mano con una frusta ogni mezz’ora per circa quattro ore.
- Se non trovaste il panetto, potete utilizzare un qualsiasi latte di mandorla.
E buona granita a tutti.