Ha destato scalpore in alcuni, stupore, in altri amarezza, l’esclusione dalla compagine ministeriale del nuovo governo guidato da Mario Draghi, di Peppe Provenzano, ministro del Mezzogiorno nel precedente Governo.
Un’esclusione la cui responsabilità ricade interamente sul Partito Democratico e la Direzione nazionale che non voluto valorizzare il lavoro svolto da Provenzano, né l’importanza della questione meridionale e siciliana.
Un’esclusione incomprensibile per molti da parte del Pd giacché Provenzano non solo aveva svolto bene il suo incarico, ma aveva impostato una visione più moderna della questione meridionale e aveva sollecitato le classi dirigenti del Sud ad alzare il livello della progettualità e la qualità nell’azione di governo come condizione dello sviluppo.
Un’esclusione che accentuerà nell’azione del governo lo squilibrio territoriale del Paese, da questo punto di vista aspettiamo le dichiarazioni programmatiche di Draghi, ma a una prima occhiata si nota subito una preponderanza politica del Nord con il centro destra che ha messo in campo persone capaci che certamente non avranno come priorità il Mezzogiorno.
Un’esclusione che conferma la staticità politica del partito democratico, l’opacità dei suoi percorsi democratici interni. Il segretario Zingaretti si è mostrato soddisfatto del modo come si è risolta la crisi di governo e della conferma dei tre ministri, Franceschini, Orlando e soprattutto di Guerini alla Difesa, come se fosse imminente una invasione del nemico. A tal proposito sarebbe interessante sapere come si è pervenuti alla loro riconferma. Nessuna parola su Provenzano, neanche un ringraziamento pubblico per il lavoro svolto, come si usava una volta e nessuna spiegazione sul perché su tre ministri non vi è una donna, non rispettando la parità genere.
Un’esclusione che ha riportato in auge la lottizzazione, sapientemente dosata da Draghi, su cui nessuno si è permesso di fare alcun rilievo, soprattutto da parte del PD sempre pronto a denunciare questa pratica in altre occasioni.
Lottizzazione che non è solo il ricorso al manuale Cencelli, ma ancor di più la regola che io non devo guardare alla scelta dei miei alleati e viceversa, senza alcuna condivisone delle scelte operate da ogni forza politica.
Un’esclusione che richiama all’attenzione lo stato del partito democratico in Sicilia, la formazione della sua classe dirigente.
Un partito che non ha alcun peso a livello nazionale, nessuna voce in capitolo sulle scelte operate. Un partito che dimostra in tal modo che non ha più testa, una guida collettiva e una reale rappresentanza politica.
Un’esclusione, infine, che dà un brutto segnale politico, come a volere da un lato bloccare la crescita di una nuova generazione politica, dall’altro azzerare una storia e una cultura politica che affonda le radici nel riformismo socialista del PCI, non a caso Provenzano è stato uno degli allievi prediletti di Emanuele Macaluso.
L’auspicio è quello che questa risorsa, questa intelligenza, questa competenza possa essere utilizzata in Sicilia e contribuire al rilancio non solo del suo partito ma della sua terra.