Carissimi,
Il Prof. Alfredo “imprecava in tedesco” mentre portava avanti la sua lezione di matematica in quella classe di scuola media che gli avrebbe dato tante soddisfazioni quando questi bambini sarebbero diventati adulti e professionisti affermati nei vari campi.
Ma aveva davanti bambini e il suo cuore era combattuto tra l’affetto di un padre di famiglia e un educatore rigoroso che aveva provato in guerra l’esperienza finale della prigionia tedesca dalla quale aveva imparato quelle poche parole usate nei momenti d’ira.
Ripeteva sempre, “per l’Italiano ci voli a zotta” e noi bambini a stare li a capire cosa fosse questa zotta per poi comprendere che si trattava di un frustino o comunque un sinonimo di pugno di ferro.
Ricordo ancora a distanza di cinquant’anni le sue spiegazioni, in rima siciliana che accompagnava quella “x” incognita da un primo membro ad un secondo membro chiamato “a signora du latu” o quelle soluzioni che accompagnavano la “x al quadrato” del tipo: “ne si scappa e ne si fui, x al quadrato è dui (2)”.
Quante risate, ma chi lo avrebbe mai dimenticato e quanti pianti davanti a quei numeri con il matitone blu a tutto foglio che mai superavano il cinque, voto per l’intellettuale della classe che sarebbe diventato un importante magistrato. Il mio voto era più armonico, un bel tre dovuto ad una predisposizione allora per la soluzione delle equazioni, mentre per il problema altro esercizio della prova del compito in classe ci stavo studiando su.
Immaginerete le mamme preoccupate in quei “veri ricevimenti” degli studenti e lui il professore a rassicurare, “signore non abbiate timore, alla fine mi ringrazierete”.
Da quel cielo dove le persone importanti per noi vanno a riposarsi si sarà fatto quattro risate quando avrà visto questa classe di “privilegiati” brillare al liceo grazie ai suoi insegnamenti.
Il Prof. Alfredo mi ha insegnato a non dare peso al voto che ti viene dato, poiché quello è un giudizio dettato dal momento, ma di contro mi ha insegnato a cercare sempre con curiosità di migliorarmi e di confrontarmi sempre con il mio specchio casalingo, l’unico arredo indispensabile nella casa di un “uomo”, l’unico strumento incorruttibile, l’unico in grado di riflettere quello che realmente siamo.
È scontato dirvi che tutti quegli “1,2,3,4 e 5” a fine anno avrebbero raggiunto la sufficienza, in una scuola di frequenza mista, tra figli di impiegati e persone di modeste condizioni economiche messe insieme ai figli dell’alta borghesia cittadina. Te ne accorgevi dal fatto che l’assenza di grembiule da noi maschietti (le aule erano non di sesso misto) lasciato alle elementari, evidenziava la differenza nel vestiario e le condizioni familiari.
Mi si stringe il cuore a pensare alla grande dignità delle nostre famiglie nel voler garantire anche a costo di sacrifici una parità di condizione, un “vestirisi comu i cristiani”, ma per il Prof. Alfredo eravamo tutti uguali e pronti a sottoporci al giudizio delle nostre prestazioni, approcciandoci a cose più grandi di noi, non limitandoci al compitino di programma.
Lui aveva aperto le nostre menti mostrandoci le potenzialità che ognuno di noi con l’attenzione, la concentrazione e perché no in alcuni casi con la passione avrebbe potuto sfruttare.
Solo da poco, alla soglia dell’età che aveva il Prof. Alfredo quando lo conobbi, ho imparato a non partecipare a “gare truccate” che avrebbero soltanto lo scopo di minare la nostra autostima, e lasciarle ai mediocri che hanno bisogno di questi espedienti per godersi una stagione di visibilità, ma per il resto delle altre gare, essere sempre pronto a confrontarsi.
Giunge il momento in cui si prende consapevolezza della nostra esperienza e si acquisisce la certezza che l’unico giudizio inconfutabile su noi stessi, lo possiamo dare solamente noi, con la nostra onestà intellettuale. I giudizi altrui sono spesso sottoposti ai tanti condizionamenti esterni che fanno parte della vita e del vivere insieme. I curricula sono le elencazioni delle opportunità che abbiamo avuto e paradossalmente dove avrebbero avuto un loro significato e peso sono da stati messi da parte a vantaggio dell’intuitu personae, per il resto, credetemi, parlo da uomo che partendo da quel tre del Prof Alfredo e non da nobili casati, si è preso grandissime soddisfazioni nella propria vita tanto da potersi considerare appagato se non fosse che desidero avere ancora tanto tempo prima di sedermi in quella “famosa panchina”.
Ho imparato che “Chi sa, fa!”
“Chi sa, riconosce subito a pelle gli interlocutori che sanno.”
Giudicate quindi chiunque si proporrà per chiedere la vostra fiducia, dalle persone di cui si circonda, poiché alla fine davanti al baratro a cercare soluzioni estreme, quando tutti saranno scappati come i topi fuggiti dalla nave che affonda, troverete “i parenti da zita!”
“Coloro che fanno”.
Un abbraccio, Epruno.