Carissimi.
Io guardo e rido, in questo momento, proprio quando tutti vorremmo piangere, perché l’ironia ti porta a vedere attraverso le cose per tirare fuori da loro significati e metodi espressivi nascosti dietro la cruda realtà.
Mi viene da ridere alla stessa stregua del pistolero che viene beffato da un soggetto al quale non avrebbe dato due lire.
Io credevo che il vecchio mondo, i grandi popoli stessi avrebbero condiviso la loro parte migliore per far nascere una Europa grande unica e coesa che desse il meglio di sé stessa e invece alle prime difficoltà serie, abbandonati codici e decimetri, son venute fuori le profonde differenze e gli egoismi.
Chi mi conosce sa che faccio prima sempre autocritica e quante volte mi sono bacchettato, ho bacchettato la mia terra sicula a partire dalla mia città e bacchettato la mia nazione, orgogliosamente italiano, perché avendo girato ed avendo goduto dell’amicizia di gente che stava oltre quella barriera alpina, mi ero innamorato del loro modo di stare insieme e considero quei luoghi sempre una mia seconda casa.
Oggi mi sono reso conto che anche loro, anche il loro modo di vivere dietro a guide inappropriate hanno saputo mostrare di sé la parte peggiore, non sapendo fare funzionare da subito i meccanismi di vera solidarietà e non solo a parole, ma realmente concreti.
Abbiamo già superato il mese da quando il problema si è evidenziato con tutta la sua tragicità, anche se già da almeno due ne stavamo a parlare, ma credo che ancora oggi c’è chi non voglia capire, ma non perché è cretino, quello lo do per scontato, ma perché è andato avanti da sempre pensando che il problema fosse degli altri, che tutto andasse sempre in direzione del vortice ma che non ci saremmo arrivati perché qualche altro, da queste parti lo hanno chiamato “papà”, potesse risolvergli il loro problema e nella peggiore delle ipotesi si consolavano pensando di non stare alla guida ma nelle file di dietro, di questo autobus ormai destinato a schiantarsi frontalmente.
Credetemi è sempre quel maledetto fatalismo, sia in negativo che in positivo che spinge a vivere a volte senza avere contezza del valore della vita e non soltanto la nostra.
Ebbene noi generazione dell’apparenza, dell’immagine e delle cose spropositate, dai SUV ai Tv 55”, delle grandi navi, degli spropositati compensi dei presentatori tv e dei calciatori stranieri, siamo stati messi in crisi da una piccola cosa, microscopica, infinitesimale, da un virus che ci ha messi fuori servizio alla stessa stregua di qualunque meccanismo elettronico e perché?
Perché noi siamo una umanità fragile e anche noi ci guastiamo.
E io rido di rabbia davanti all’idiozia di chi non riesce a rinunciare all’idea di fare le olimpiadi, di giocare i campionati, di fare i concerti, i grandi assembramenti, di chi non rinuncia ad andare a correre, ad uscire di casa, perché costui non si rende conto che non è questa la fine, ma una prova generale e quando, chi sa quando, giungerà non aspettatevi giganteschi nemici, ma infinitesimali pericoli e forse allora rimpiangerete di non aver avuto una opportunità, come adesso e capirete che tutto non ha senso se noi non ci saremo. Fatelo questo sacrificio, state a casa e non “rompete i coglioni”.
Un abbraccio Epruno