Come era nelle previsioni al referendum ha vinto il Sì e quindi dopo la conferma ricevuta dagli elettori la legge che riduce il numero dei parlamentari diventa operante.
Può ritenersi soddisfatto per questa vittoria il Movimento Cinque stelle che del provvedimento è stato il promotore, ma anche il gruppo dirigente del PD poiché la vittoria del Sì non crea problemi al governo, ma ne agevola la tenuta.
In ogni caso lo scoglio è stato superato, anche perché a parti della Destra non sarebbe dispiaciuta la vittoria del No dal momento che oggettivamente avrebbe indebolito il Governo.
A questa vittoria del Sì hanno contribuito diversi fattori.
Alcuni hanno ritenuto che, dopo decenni di immobilismo sulle riforme istituzionali questo, anche se era un provvedimento modesto, era già qualcosa.
Altri hanno ritenuto che fosse certamente una “riformetta”, ma da qualche parte bisognava pur cominciare , con la speranza che sarebbero seguiti altri provvedimenti.
Altri, ancora, si sono convinti che, probabilmente, con meno senatori e deputati il parlamento avrebbe funzionato meglio.
L’elemento preponderante, però, nella scelta del Sì è stato il sentimento di antipolitica che da tempo si è sedimentato nell’animo di molti italiani e che ha utilizzato questo referendum per protestare contro il sistema dei partiti considerando il Parlamento un poltronificio, un luogo di fannulloni e di imbroglioni.
È stato questo il principale cavallo di battaglia dei grillini, anche in questa campagna elettorale, e che, di fronte alla grave crisi economica e sociale che dal 2008 ha colpito l’Italia e l’Europa, ha presentato la politica non come lo strumento per risolvere i problemi provocati dalla crisi, ma come la causa di tutti i mali che affliggono la società.
Un vero e proprio progetto politico che le forze democratiche non sono state capaci di contrastare politicamente e culturalmente, accentuando sempre più il distacco tra la politica e la società.
È la vittoria del Populismo che si presenta come forza antisistema per diventare sistema esso stesso e per sostituire una casta con un’altra casta.
Il Populismo che rifiuta la democrazia nelle forme finora praticate, a cominciare da quella rappresentativa. Il Populismo che propone soluzioni immediate senza tenere conto delle conseguenze a lungo termine. È la Controdemocrazia, come l’ha definita Ilvo Diamanti.
Vi è però una novità che paradossalmente è rappresentata dal NO che, esce ovviamente sconfitto dalle urne, ma ha fatto emergere una parte del paese, certamente minoritaria ma significativa, che non si rassegna alla deriva populista e al restringimento degli spazi di democrazia.
Se si tiene conto infatti che all’inizio della consultazione il NO era stimato attorno al 8%, se si considera che a sostenerlo non vi era alcuna struttura organizzata, né alcuna formazione politica, ad eccezione del piccolo partito di Emma Bonino, è un risultato significativo e sbaglierebbe chi all’interno del SI , estraneo al populismo, non ne ricavasse elemento di riflessione.
Quel NO, infatti, è frutto del protagonismo spontaneo di singoli cittadini che hanno risvegliato l’attenzione degli elettori sull’importanza di quel voto che fino a quel momento mostravano disinteresse e che in grandissima parte hanno mantenuto, come si vede dall’alto numero dell’astensione che ha superato il 50% .
Sono elettori che, al di là della diversità del proprio orientamento politico, hanno espresso con il NO anche un impegno per la salvaguardia delle istituzioni democratiche che vanno certamente riformate ma allargando e non restringendo gli spazi di democrazia.
Un impegno che non deve considerarsi esaurito con il voto ma, a partire dalla sconfitta, può rappresentare la nascita di un movimento popolare che, recuperando uno spirito costituente, veda insieme in modo trasversale conservatori e progressisti per una organica e democratica riforma della Costituzione che faccia passi avanti e non passi indietro.
Va in questa direzione la campagna promossa dal IlSicilia.it per introdurre la preferenza, #vogliamolapreferenza, nella nuova legge elettorale affinché i parlamentari siano persone di fiducia dei cittadini e non dei capi partito. Non esiste nessuna democrazia al mondo in cui gli elettori non possono scegliere chi deve rappresentarli. Questa scelta avallata da tutti i governi che si sono succeduti ha trasformato la nostra democrazia in oligarchia in cui sono i partiti a decidere e non gli elettori chi deve rappresentarli. Qualsiasi sistema il parlamento vorrà adottare deve essere vincolato alla restituzione ai cittadini del diritto di scegliere con nome e cognome i propri rappresentanti in parlamento Questa sì che aiuterebbe ad aprire una nuova stagione di riforme e Intanto spingerebbe i cittadini a riacquistare fiducia nella politica e nelle istituzioni.