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“Mettiamo l’acqua rossa. Vivere contro la Talassemia”: il nuovo libro di Giovan Battista Ruffo | INTERVISTA

sabato 14 Novembre 2020
Giovan Battista Ruffo

«Ascoltavo le storie di un modo di curare la malattia diverso, di come nel tempo le cose fossero migliorate, per cui mi ero sempre riproposto di scriverle… e quando una mamma di una nostra paziente è deceduta, ho sentito il bisogno di raccoglierle prima che andassero perdute per sempre!» (Giovan Battista Ruffo)

 

 

Ciao Giovan Battista, benvenuto e grazie per aver accettato il nostro invito. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori? Chi è Giovan Battista medico ematologo e scrittore?

Inizio porgendo i miei saluti a tutti i vostri lettori. Sono un medico palermitano pediatra ed ematologo. Non oserei ancora definirmi scrittore perché ho scritto soltanto un libro anche se penso di non fermarmi qui. Sono un medico come tanti, innamorato del proprio lavoro visto come possibilità di aiutare gli altri ma anche affascinato dalla bellezza della medicina e dallo studio del corpo umano nei suoi aspetti fisiologici e patologici.

…chi è invece Giovan Battista nella sua quotidianità al di fuori dal lavoro e dalla sua passione per la scrittura?

Sono un uomo, padre e marito molto legato alla propria famiglia che metto al di sopra di ogni cosa. Sono un “ragazzo” (perché ancora così mi sento), innamorato della propria città tanto da non avere mai pensato in tutti questi anni lavorativi di abbandonarla, amante dello sport (del calcio giocato e della corsa), del mare, del cinema e dei libri. Ho scoperto la passione per la scrittura soltanto da poco…

Qual è la tua formazione professionale e quella letteraria, visto che alterni l’attività di medico con quella dello scrivere?

Mi sono laureato in Medicina e Chirurgia (1990), specializzato in Pediatria (1994) e in Ematologia (2008) sempre con tesi sulla talassemia. Dopo aver lavorato presso la Terapia Intensiva neonatale dell’Ospedale di Enna e il Pronto Soccorso dell’Ospedale dei Bambini di Palermo, dall’aprile 2000 lavoro (avendo ricoperto anche il ruolo di Direttore F.F. e Responsabile) presso il reparto Ematologia e Talassemia dell’Ospedale Civico di Palermo, reparto che si è spostato dall’Ospedale dei Bambini dove è nato al Presidio Ospedaliero Civico nel dicembre 2017.

Come nasce la tua passione per la scrittura? Ci racconti come hai iniziato e quando hai capito che amavi scrivere?

Premetto che più che uno scrittore mi sento ancora un grande lettore, ho iniziato a scrivere (ovviamente escludendo le pubblicazioni scientifiche) proprio con questo libro. Spero di non fermarmi qui.

Ci parli del tuo libro “Mettiamo l’acqua rossa. Vivere contro la talassemia”? Come nasce, qual è il messaggio che vuoi che arrivi al lettore, quale le storie che ci racconti senza ovviamente fare spoiler?

Con questo libro ho voluto raccontare la Talassemia o anemia mediterranea, malattia ereditaria del sangue, rara ma con una discreta frequenza (in Italia ci sono circa tre milioni di portatori sani della malattia, in Sicilia circa 300.000 portatori sani e 2.000 pazienti di cui 200 seguiti presso il reparto dove lavoro), dal mio inizio in reparto da studente in medicina, quando la malattia era prettamente pediatrica (i pazienti avevano una vita media di circa 15-20 anni) ad ora, dopo circa trenta anni, in cui il progresso della medicina ha cambiato la storia naturale della malattia e allungato la vita dei pazienti in termini di qualità e durata. Quindi attraverso le storie di pazienti o dei loro genitori, persone che quotidianamente vivono la malattia, racconto i progressi nella cura della malattia, analizzandone i vari aspetti: la convivenza con una malattia genetica grave, l’accettazione della malattia, la possibilità della prevenzione, la possibilità dell’interruzione di gravidanza, il senso di colpa dei genitori per avere trasmesso la malattia al figlio, il senso di colpa per un aborto terapeutico, il rapporto dei pazienti con i genitori portatori sani della malattia, il rapporto con fratelli non affetti dalla malattia e/o con altri malati, l’aderenza alla terapia, la prospettiva e la speranza per una cura risolutiva, la possibilità di avere contratto malattie dalle trasfusioni di sangue. Le storie, in particolar modo del passato, mi sono sempre piaciute e mi hanno sempre affascinato, fin dai tempi di quando ero ragazzo e passeggiavo con mio nonno per la via Libertà, o quando andavo a trovare le mie nonne; insomma stavo ad ascoltare e mi piacevano. Lo stesso avveniva in reparto nei pomeriggi durante le trasfusioni con i genitori di quei pazienti adulti. Ascoltavo queste storie di un modo di curare la malattia diverso, di come nel tempo le cose fossero migliorate, per cui mi ero sempre riproposto di scriverle queste storie e quando una mamma di una nostra paziente è deceduta ho sentito il bisogno di raccoglierle prima che andassero perdute per sempre!

Chi sono i destinatari che hai immaginato mentre lo scrivevi?

I destinatari sono tutte le persone che conoscono la malattia perché ne sono affetti e che la vivono quotidianamente ma anche tra questi quelli, i più giovani, che non hanno avuto modo di sapere come si sia evoluta la cura di questa patologia nel tempo, ma anche coloro che di questa malattia avevano solo sentito parlare o addirittura ne sconoscevano l’esistenza.

Una domanda difficile Giovan Battista: perché i nostri lettori dovrebbero comprare “Mettiamo l’acqua rossa. Vivere contro la talassemia”? Prova a incuriosirli perché vadano in libreria o nei portali online per acquistarlo.

Questo libro permette di addentrarsi in un mondo che è quello di una malattia congenita e cronica la cui cura nel tempo ha fatto grandi progressi. I lettori attraverso gli occhi dei protagonisti potranno capire cosa significa la convivenza con una malattia genetica grave e cosa si prova, come si accetta la malattia, come si può prevenire, come si affronta la scelta di interrompere una gravidanza e il senso di colpa per un aborto terapeutico, il senso di colpa che alcuni genitori provano per avere trasmesso la malattia al figlio, che sentimenti prova un paziente verso i propri genitori portatori sani della malattia e il rapporto con fratelli non affetti dalla malattia e/o con altri malati, l’aderenza alla terapia, la prospettiva e la speranza per una cura risolutiva, come ci si sente dopo avere contratto una malattie infettiva grave dalle trasfusioni di sangue.

C’è qualcuno che vuoi ringraziare che ti ha aiutato a realizzare questa opera letteraria? Se sì, chi sono queste persone e perché le ringrazi pubblicamente?

Ringrazio innanzi tutto i pazienti che si sono raccontati. Quando ho chiesto di scrivere, tutti quelli a cui l’ho chiesto sono stati felici di farlo. Le storie sono rimaste così come loro hanno voluto raccontarle e sono rimasto stupito dall’entusiasmo con cui l’hanno fatto, venendo così a conoscenza di fatti prima a me ignoti. Un ringraziamento particolare a mia figlia Roberta, per il prezioso e proficuo lavoro di revisione del libro, e allo scrittore Flavio Soriga per avermi regalato una prefazione così personale, bella ed emozionante.

Nella tua attività letteraria hai pubblicato altri libri o romanzi? Ci racconti quali sono, di cosa trattano e quale l’ispirazione che li ha generati?

No, questo è il mio primo libro. Ho intrapreso la scrittura di un altro: un romanzo che si basa su storie vere, tratte sempre dalla mia esperienza lavorativa, che si intrecciano, spero di riuscire a finirlo e a pubblicarlo.

«Quando la lettura è per noi l’iniziatrice le cui magiche chiavi ci aprono al fondo di noi stessi quelle porte che noi non avremmo mai saputo aprire, allora la sua funzione nella nostra vita è salutare. Ma diventa pericolosa quando, invece di risvegliarci alla vita individuale dello spirito, la lettura tende a sostituirsi ad essa, così che la verità non ci appare più come un ideale che possiamo realizzare solo con il progresso interiore del nostro pensiero e con lo sforzo del nostro cuore, ma come qualcosa di materiale, raccolto infra le pagine dei libri come un miele già preparato dagli altri e che noi non dobbiamo fare altro che attingere e degustare poi passivamente, in un perfetto riposo del corpo e dello spirito.» (Marcel Proust, in “Sur la lecture”, pubblicato su “La Renaissance Latine”, 15 giugno 1905). Qual è la riflessione che ti porta a fare questa frase di Marcel Proust sul mondo della lettura e sull’arte dello scrivere?

Indubbiamente ad oggi io sono più un lettore che non un scrittore, e condivido quanto riporta Proust nella prima parte della frase ossia che la lettura ci permettere di aprire porte che da soli non avremmo mai saputo aprire, sono invece d’accordo solo in parte con la seconda parte della frase di Proust, non sarei così assoluto nel demonizzarla quando non riusciamo ad essere attivi ma solo passivi nei suoi confronti.

«Nei tempi andati la vita degli scrittori era più interessante di quello che scrivevano. Al giorno d’oggi né le loro vite né quello che scrivono è interessante.» (Charles Bukowski, “Pulp. Una storia del XX secolo”, Giangiacomo Feltrinelli Ed., 1995, Milano, p. 52). Ha ragione Bukowski a scrivere queste cose a proposito degli scrittori contemporanei? Cosa ne pensi in merito?

Non direi, non bisogna cadere nell’errore che si fa quando si confrontano le generazioni più giovani con generazioni precedenti (ai miei tempi… il passato è sempre meglio del presente), però sono d’accordo Bukowski quando afferma che “è la scrittura il vero cuore pulsante della narrazione… non la storia, perché se la scrittura funziona, allora quella narrata è una storia che penetra il lettore e gli regala emozioni, se la scrittura non funziona, anche una bella storia diventa piatta, insignificante, banale, scontata, mediocre come chi l’ha scritta…”

«La lettura di buoni libri è una conversazione con i migliori uomini dei secoli passati che ne sono stati gli autori, anzi come una conversazione meditata, nella quale essi ci rivelano i loro pensieri migliori» (René Descartes in “Il discorso del metodo”, Leida, 1637). Qualche secolo dopo Marcel Proust dice invece che: «La lettura, al contrario della conversazione, consiste, per ciascuno di noi, nel ricevere un pensiero nella solitudine, continuando cioè a godere dei poteri intellettuali che abbiamo quando siamo soli con noi stessi e che invece la conversazione vanifica, a poter essere stimolati, a lavorare su noi stessi nel pieno possesso delle nostre facoltà spirituali.» (Marcel Proust, in “Sur la lecture”, pubblicato su “La Renaissance Latine”, 15 giugno 1905 | In italiano, Marcel Proust, “Del piacere di leggere”, Passigli ed., Firenze-Antella, 1998, p.30). Tu cosa ne pensi in proposito? Cos’è oggi leggere un libro? È davvero una conversazione con chi lo ha scritto, come dice Cartesio, oppure è “ricevere un pensiero nella solitudine” come dice Proust? Dicci il tuo pensiero…

Sono d’accordo con entrambi, non li vedo in contrapposizione. Leggere buoni libri del passato è una conversazione con i migliori uomini dei secoli passati che ne sono stati gli autori, una conversazione meditata, nella quale essi ci rivelano i loro pensieri migliori; ma al tempo stesso la lettura, meglio della conversazione, permette, a ciascuno di noi, di ricevere un pensiero nella solitudine, permettendoci di godere dei poteri intellettuali che abbiamo quando siamo soli con noi stessi e che invece durante una conversazione non è possibile, (vi sarà capitato di leggere e rileggere un verso di un libro per poi rifletterci e meditare, cosa non possibile durante una conversazione).

«Appartengo a quella categoria di persone che ritiene che ogni azione debba essere portata a termine. Non mi sono mai chiesto se dovevo affrontare o no un certo problema, ma solo come affrontarlo.» (Giovanni Falcone, “Cose di cosa nostra”, VII ed., Rizzoli libri spa, Milano, 2016, p. 25 | I edizione 1991). Tu a quale categoria di persone appartieni, volendo rimanere nelle parole di Giovanni Falcone? Sei una persona che punta un obiettivo e cerca in tutti i modi di raggiungerlo con determinazione e impegno, oppure pensi che conti molto il fato e la fortuna per avere successo nella vita e nelle cose che si fanno, al di là dei talenti posseduti e dell’impegno che mettiamo in quello che facciamo?

Penso di appartenere a quella categoria di persone che ritiene che ogni azione debba essere portata a termine. Se devo affrontare un problema o meglio se mi compete e devo affrontare un problema, lo affronto. Penso inoltre di essere una persona che punta un obiettivo e cerca in tutti i modi di raggiungerlo con determinazione e impegno e anzi penso che degli obiettivi vadano sempre ricercati.

Chi sono i tuoi modelli, i tuoi autori preferiti, gli scrittori che hai amato leggere e che leggi ancora oggi?

Mamma mia che domanda complessa! È evidente che i miei modelli nel tempo in base alla fase della mia vita sono cambiati. Diciamo che nel periodo scolastico ero, ma lo sono tuttora, un appassionato di storia e mi ha sempre affascinato la Seconda guerra mondiale e il periodo della guerra per cui delle mie scuole medie ricordo Primo Levi con “Se questo è un uomo” e diversi libri sulla questione arabo-palestinese. Sempre durante il periodo scolastico (ho frequentato il Liceo Scientifico) indubbiamente istradato dal programma di studi e dai miei professori ho apprezzato “La Divina Commedia” di Dante e in particolar modo “L’inferno”, ma anche “I promessi sposi” di Manzoni. Sono stato affascinato da “l’Iliade” di Omero, dai grandi della nostra Letteratura come Leopardi e Foscolo e poi tra gli autori del Novecento ho amato Luigi Pirandello di cui ho letto quasi tutto avendo trovato in casa tutti i suoi libri (mia madre ne era un ammiratrice). Nel periodo Universitario i libri letti diventarono quelli di Medicina e quelli in ogni caso a carattere scientifico per cui nel poco tempo libero estivo ho cercato di più i libri di evasione come i “gialli” dedicandomi così ad Agatha Christie ma soprattutto ai libri di S.S. Van Dine (mitico il protagonista dandy Philo Vance). Nel tempo questa passione per i romanzi gialli è rimasta per cui mi piace molto il primo Camilleri (meno quando è diventato una fabbrica produttrice in serie), Carofiglio (“Il bordo vertiginoso delle cose”, “il passato è una terra straniera”), i romanzieri gialli svedesi in particolar modo Stieg Larson (trovo bellissimo “Uomini che odiano le donne”, il primo della serie Millennium, ma deludenti gli altri) e Camilla Lackberg. Altra passione sono i libri, di autori per lo più palermitani, sul periodo d’oro della Palermo di fine ottocento ed inizi del secolo scorso, la Palermo del “Liberty” in particolar modo Simonetta Agnello Hornby (“via XX Settembre” ma anche “La Mennulara” sono meritevoli di lettura; per ora sto leggendo “Piano nobile”), ma ho letto con piacere e vi segnalo “La Luce è la’” di Agata Bezzi, “I Leoni di Sicilia” di Stefania Auci, e sempre sulla Palermo dei Florio segnalo anche “Il leone di Palermo” di Salvatore Requirez. Altra autrice siciliana meritevole di menzione sicuramente Giuseppina Torregrossa.

I libri che secondo te andrebbero letti assolutamente quali sono? Consiglia ai nostri lettori almeno tre libri da leggere nei prossimi mesi dicendoci il motivo del tuo consiglio.

Questa domanda è ancora più difficile! Anche qui preferisco dividere i periodi storici, per cui ti dico per “l’epoca classica” L’iliade di Omero (le fondamenta di tutti i romanzi del mondo Occidentale), L’Antigone di Sofocle (per i temi universali che l’autore tratta; Fato, vendetta, senso di giustizia); per il periodo Medievale non ho dubbi a suggerire l’Inferno di Dante Alighieri (nell’opera c’è tutto il modo di vivere e pensare dell’epoca medievale); per il periodo rinascimentale sicuramente un opera di William Shakespeare e forse sceglierei Romeo e Giulietta (dramma, o meglio tragedia, d’amore per eccellenza); per l’Ottocento i libri che andrebbero letti assolutamente sono veramente tanti provo a dirne qualcuno: Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen (il libro romantico per eccellenza), Delitto e castigo, l’idiota o il giocatore di Dostoevskij (storie di sofferenza e salvazione, sul senso della bellezza della natura umana, e sul tentativo di far vincere il bene sul sopruso e sul male), Grandi speranze, David Copperfield o Oliver Twist di Dickens (con il suo mondo dei pensieri di un bambino), Guerra e pace di Tolstoj (tra i romanzi storici) o il Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde (gli aforismi di Wilde sono unici); poi il Novecento e qui dico Uno, nessuno e centomila di Pirandello (fantastica l’idea della critica al concetto di identità). Questi sono i libri da leggere assolutamente per me ma chissà quanti ne ho dimenticati! Ora i tre libri che consiglio di leggere nei prossimi mesi che non rientrano tra quelli finora menzionati e contemporanei: “Avventure della ragazza cattiva” di Mario Vargas Llosa (romanzo che ho trovato strano ma bello, splendido, struggente e malinconico con la descrizione di un uomo che distrugge se stesso per inseguire la “nina mala”, un inno all’amore oltre l’orgoglio e oltre a tutto ciò che un uomo può accettare o sopportare per una donna), “Storia di una ladra di Libri” di ZusaK (un libro che si ama sin dalle prime pagine. Un racconto bellissimo di una bambina e della sua passione per la lettura, un inno al piacere della lettura), “Il profumo delle foglie di limone” di Clare Saucher (un bel libro scorrevole con una affascinante descrizione del mondo degli ex nazisti scampati alla cattura dopo la guerra e l’ostinazione nella ricerca per fare giustizia ma con un finale forse non all’altezza).

E tre film da vedere assolutamente? Quali e perché proprio questi?

Il cinema e i film sono tra i miei passatemi preferiti. Ma ancora come faccio a indicare solo tre film? Provo allora a dirti di getto i miei registi preferiti e i loro miei film preferiti e poi arrivo a i tre film. Allora: Woody Allen (Manatthan, Io e Annie, Match point e molti altri) Quentin Tarantino (Pulp Fiction, Kill Bill, Bastardi senza gloria, Django Unchained), Alfred Hitchcock (La donna che visse due volte, Psyco, La finestra sul cortile, il delitto perfetto, Nodo alla gola, l’uomo che sapeva troppo), Martin Scorsese (Taxi driver, Toro scatenato, Quei bravi ragazzi), Sergio Leone (Per un pugno di dollari, Il buono, il brutto e il cattivo, C’era una volta in America), Spielberg (Schindler’s List), Roman Polanski (Il pianista), Brian De Palma (Blow Out, Gli intoccabili). Allora ecco i tre film assolutamente da vedere: C’era una volta in America (non è solo il migliore gangster movie in assoluto, ma il simbolo del sogno americano il tutto suggellato dalla bellissima musica di Ennio Morricone), La donna che visse due volte (per il taglio psicologico e l’interpretazione psicanalitica) Django Unchained (anche qui una riflessione su una parte di storia americana attraverso un western cinico e violento sempre con la bellissima musica di Morricone). Devo però anche menzionare un film che rivedo sempre con piacere Il sorpasso di Dino Risi (per l’aria di spensieratezza, di sicurezza al limite della spavalderia tipica del boom economico italiano che si traduce in tragedia).

Quali sono i tuoi prossimi progetti e i tuoi prossimi appuntamenti che vuoi condividere con i nostri lettori?

Il prossimo progetto ed appuntamento, Covid-19 permettendo, è il libro che ho iniziato a scrivere un romanzo con tematiche sulla immigrazione, tratta delle schiave, rifiuto delle emotrasfusioni di sangue per motivi religiosi.

Come vuoi concludere questa chiacchierata e cosa vuoi dire ai nostri lettori?

Di approfittare di questo periodo terribile in cui il distanziamento interpersonale, i dispositivi di protezione e lo stare a casa sono la migliore arma contro il coronavirus SARS 2, per fare scorte e leggere tanti bei libri.

 

Giovan Battista Ruffo

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Giovan Battista Ruffo

Giovan Battista Ruffo, “Mettiamo l’acqua rossa”, Dario Flaccovio ed., Palermo, 2020.

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Giovan Battista Ruffo, “Mettiamo l’acqua rossa”, Dario Flaccovio ed., Palermo, 2020

Andrea Giostra

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