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Gli allievi del laboratorio teatrale di relazione DanisinniLab portano in scena, mercoledì 6 febbraio (ore 17.30) e in replica domenica 10 alla stessa ora, la tragica storia del naufragio fantasma della F174, nel Natale 1996, in cui morirono 283 persone.
La storia fu a lungo trattata come una “leggenda di pescatori” finché quei corpi non reclamarono la propria storia, quella che qualcuno ebbe il coraggio di raccontare.
La performance si svolgerà all’interno dello Chapiteau Danisinni (piazza Danisinni a Palermo) nella forma di una prima prova aperta del neonato DanisinniLab, laboratorio di teatro diretto da Gigi Borruso con la collaborazione di Stefania Blandeburgo, nato da un’idea del Museo Sociale Danisinni e del Teatro Biondo di Palermo.
La drammaturgia, a cura dello stesso Borruso, ricostruisce in chiave poetica uno dei più grandi naufragi di migranti avvenuto nel Canale di Sicilia: sul palco 20 attrici e attori non professionisti, allievi, formati nel corso di questi tre mesi: Dino Bentivegna, Fabio Bonaccorso, Emanuela Cannella, Giuseppe Cento, Salvo Ceraulo, Nadia Conti, Michelangelo Correnti, Luigi D’Aleo, Marcella Fiumanò, Alessandra Guagliardito, Giuseppe La Licata, Giusy Mannino, Francesca Paola Minasola, Giusy Mortillaro, Caterina Pasqualino, Dorotea Passantino, Martina Peritore, Anna Staropoli,
Tamara Trovato.
Scene e costumi sono stati curati da Giulia Costumati e Alessandra Guagliardito, studentesse del corso di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Palermo, guidate dalla docente Valentina Console.
I disegni usati per la grafica e per le proiezioni sono stati realizzati da Enzo Patti, pittore tra i fondatori del Museo Sociale Danisinni; nel corso delle repliche sarà presentato il programma del secondo modulo del laboratorio teatrale e saranno riaperte le iscrizioni (previa selezione attitudinale).
“F174 – Nel mare di nessuno” è un lavoro corale che mette a nudo le ipocrisie contemporanee e si interroga sui paradossi della nostra società.
La drammaturgia di Gigi Borruso rievoca, attraverso articoli e dichiarazioni pubblicati in questi anni, la tragedia della Yohan, la nave proveniente dal Cairo che la notte del 25 dicembre del 1996 nel mare in burrasca trasbordò sul barcone maltese F174 più di trecento migranti di varie nazionalità che naufragarono pochi minuti dopo, a circa 20 miglia da Portopalo di Capo Passero (Siracusa).
Un cimitero sottomarino, una gabbia della dimenticanza che tratteneva nella sua pancia 283 corpi. Si cercò di cancellare quell’orrore, di ignorare gli avvenimenti, e di far passare quella tragedia per leggenda, nonostante il mare avesse iniziato a rigurgitare frammenti di vite impigliati nelle paranze dei pescherecci: come la carta di identità plastificata di Anpalagan Ganeshu, 17 anni, che aveva resistito ben quattro anni alle erosioni del mare per lasciarsi ritrovare da un pescatore che ebbe poi il coraggio di denunciare tutta la storia.
“Per anni di questo naufragio nessuno seppe niente – spiega Gigi Borruso – tranne i pescatori di Portopalo che, battuta dopo battuta, pescavano in quelle acque i corpi, gli indumenti e le ossa dei migranti annegati. Nessuno denunciò i ritrovamenti, nonostante le voci corressero a Portopalo: i pescatori per paura di vedersi sequestrati i pescherecci, le autorità del luogo per colpevole indolenza. Finché nel 2001 tutto venne a galla: le immagini del fondo melmoso di quel tratto di mare, rivelarono al mondo i resti del barcone F174 e le spoglie dei quasi trecento annegati”.
Ingresso libero fino ad esaurimento posti.
- Foto di scena di Rossella Puccio.