Una recente indagine dell’Istat evidenziava che nel Sud d’Italia un numero di persone, sempre più in aumento, (oltre il 13%) decide di rinunciare a curarsi, a differenza del Nord dove la percentuale è notevolmente più bassa. Si conferma così, anche in questo campo tra i più sensibili, un divario con gravi risvolti etico-sociali.
Pesano ovviamente, in primo luogo, le condizioni economiche delle famiglie, spesso a mono reddito e su cui gravano a volte precarietà e incertezza del futuro.
A tutto questo si aggiungono l’introduzione dei famigerati ticket e le quote di compartecipazione alla spesa sanitaria da parte del cittadino.
L’idea poi in un momento di bisogno di raggiungere un Pronto Soccorso è vissuta come un incubo, al punto di ritenere che se esista l’inferno, non dovrebbe essere molto dissimile da queste situazioni che ognuno ha avuto modo qualche volta di constatare personalmente.
Passare poi dal pronto soccorso al ricovero è un vero e proprio percorso ad ostacoli che, alla fine, appare talmente snervante che molti decidono di lasciar perdere.
A pagare il prezzo di questa, spesso drammatica, realtà sono i cittadini meno abbienti, privi di possibilità di accedere alle strutture private, ma pagano un prezzo anche i medici e gli altri operatori sanitari, che sono poi il terminale diretto di questa situazione contro cui si scarica ingiustamente ed erroneamente la rabbia, e purtroppo spesso non solo a parole, dei cittadini.
Eppure la Sicilia, come conferma spesso l’esperienza concreta dei cittadini può vantare una classe medica di prim’ordine, una qualità professionale dei medici ospedalieri eccellente, nonostante molti medici palermitani e di valore li troviamo in tanti ospedali del Nord e della stessa Europa.
Il problema è, dunque, di qualità delle strutture e di efficienza dei modelli organizzativi, nonostante la spesa sanitaria assorbe la maggior parte delle risorse del bilancio regionale, anche se qualcuno ha fatto notare che spesso parte di queste è stornata su altre spese che nulla hanno a che vedere con la sanità.
In ogni caso non si può dire che non siano mancati, da parte dei numerosi assessori che si sono avvicendati negli ultimi decenni, i tentativi di riformare la Sanità in Sicilia. Si sono fatte leggi, elaborati piani, misure per contenere i costi, introdotte figure dirigenziali più manageriali che politiche, ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti. In ultimo si sta mettendo di grande impegno l’attuale assessore alla Sanità, Ruggero Razza, ma sembra quasi che il settore sia irriformabile e che bisogna rassegnarsi a questa situazione e intanto, come ci dice l’Istat, la gente quella più bisognosa rinuncia alle cure.
Una delle difficoltà maggiori ad adottare scelte che incidano e cambino strutturalmente l’attuale sistema a sanitario è probabile che risieda nel delegare il confronto solo agli addetti ai lavori. Aprirsi al confronto con gli altri attori sociali, in primo luogo gli utenti, ma non solo, potrebbe aprire un processo fecondo in termini di proposte e di assunzione di responsabilità, superando corporativismi e chiusure localistiche.
Da tempo assistiamo a un affievolimento dell’intervento pubblico come emanazione diretta dei servizi non solo per l’assottigliarsi delle risorse ma per l’incapacità di far fronte alla complessità dei nuovi bisogni frutto di nuove diseguaglianze, incertezze, fratture sociali e nuove povertà.
Ecco perché è necessario che altri soggetti, in sinergia con il Pubblico, avviino politiche sociali che coinvolgano i cittadini, una pluralità di soggetti rappresentati dal Privato-Sociale che concorrano ad elaborare progetti d’intervento che migliorino la qualità del vivere e dell’esistenza.
Si tratta insomma di costruire un sistema che garantisca opportunità a tutti superando l’attuale contrapposizione tra chi gode di protezioni acquisite e chi invece ne rimane escluso.
Il punto di partenza di questo nuovo progetto non dovrebbe essere la Sanità ma la riforma del Welfare in Sicilia di cui la Sanità è una componente fondamentale, ma per questo non va isolata. Servizi sociali e servizi sanitari non devono essere più realtà separate, ma devono realizzare momenti d’integrazione a partire dal territorio.
La sanità pubblica dovrebbe aprirsi al variegato mondo dell’economia sociale che se opportunamente sostenuta e valorizzata può dare un formidabile contributo a un progetto in cui Sanità e Assistenza trovino un’integrazione proficua non solo con beneficio delle persone più bisognose ma anche in termini di contenimento della spesa: cooperative sociali, volontariato, imprese sociali, associazioni no profit, Mutue che per competenze e valori sono votati alla solidarietà. E’ il terzo settore di cui la politica farebbe bene a occuparsi.
Il gruppo editoriale che ha dato vita a questo giornale (ilSicilia.it) ha anche promosso una serie di magazine tra cui Sanitàinsicilia.it, aprendo uno spazio aperto al confronto e al contributo degli operatori del settore, delle istituzioni, degli esperti, ricevendo il plauso anche delle forze politiche e del governo regionale tra cui lo stesso assessore alla sanità.
Potrebbe essere questo intanto lo strumento da cui partire per aprire un serio e approfondito dibattito che approdi a proposte concrete anche dal punto di vista legislativo.